di Ilaria Petrarca
Nellie Bly ‒ e lʼenigma: a cosa servono le donne?
Secondo Vanessa Veselka, autrice e autostoppista, «un uomo sulla strada viene catturato nell’atto di un divenire mentre una donna sulla strada ha qualcosa di gravemente sbagliato. Il semplice fatto che sia là fuori dice qualcosa di lei che è spaventoso».
Chissà cosa ne avrebbe pensato Nellie Bly, giornalista dʼassalto nella New York di fine ʼ800, una donna che per superare i confini e raccontarci cosa cʼera oltre si è addirittura finta pazza!
«È giustificabile mentire un poco per ottenere la verità. Io mento soltanto sulla mia età e sul mio nome» scriveva. Secondo i documenti ufficiali è nata vicino Pittsburgh nel 1864 con un nome più lungo e meno frivolo. A casa era “Pinky” perché vestiva di rosa, colore adatto al carattere docile che mai svilupperà.
Suo padre muore lasciando quindici figli e pochi soldi quando lei ha appena sei anni. Anche se lavora sin da bambina per contribuire alle spese familiari è costretta a interrompere gli studi per motivi economici. La prospettiva di sposarsi, fare figli e nientʼaltro le va stretta. Inoltre, si ritrova a testimoniare in tribunale contro il nuovo compagno della madre che si rivela violento.
Nel 1885 sul giornale di Pittsburgh appare un articolo in cui si sostiene che le donne servano soltanto a curare la casa e badare ai figli. Dategli unʼopportunità e vedrete, replica lei in una lettera aperta firmata “Piccola Orfanella”. Il giornale crede che lʼautore sia un uomo dietro falso nome e gli offre una collaborazione. Si scopre invece che è una giovane donna e, guarda un poʼ, viene relegata ad articoli su temi femminili firmati “Nelly Bly”, la casalinga della minstrel song di Foster. Curiosità: la melodia di quella canzone che esalta lʼidillio domestico aveva accompagnato un testo a sostegno dei diritti civili durante la campagna elettorale di Abraham Lincoln nel 1860. Lo trovate ironico? Mai come il fatto che a causa di un errore di stampa lo pseudonimo perde anche la prima ipsilon.
Lʼessenza di questa Difettosa sembra essere proprio lì, nel nome: Nellie Bly rappresenta una sfida alla società che riduce la donna a uno stereotipo di genere e le affibbia etichette inesatte.
Sempre pronta a fare “quello che una donna non farebbe mai” oltre a scrivere di moda e giardinaggio documenta le condizioni degli operai di Pittsburgh e la dittatura di Porfirio Díaz passando sei mesi on the road in Messico. Incredibile ma vero, non finisce come un gatto sullʼautopistas.
Nel 1887 si trasferisce a New York e si presenta al redattore del World, lʼungherese Joseph Pulitzer. Lei sostiene che «i fatti contano, ma da soli non cambiano il mondo, hanno bisogno di storie per quello». Lui decide di scommettere sulle storie di Nellie Bly.
Come primo incarico le accolla un reportage su Blackwell Island. Già nel 1842 Charles Dickens lʼaveva visitata e descritta in America. Dallʼisolotto a est di Manhattan si poteva ammirare lʼUpper East Side in costruzione. Un secolo dopo Peter Bateman ci avrebbe comprato casa vicino a Tom Cruise. Nellie, però, non fa la turista. Alla faccia di American Psycho si finge pazza guardando nel vuoto e sostenendo di avere tronchi d’albero come amici finché la internano nel manicomio femminile dellʼisola (a quei tempi la ABC non aveva ancora mandato in onda Twin Peaks e nessuno ha potuto godere del rimando alla Signora Ceppo). Il resoconto dei nove giorni di docce gelide, costrizioni fisiche e orrori vari costringe la città di New York a investire un milione di dollari per migliorare le condizioni igienico-sanitarie delle pazienti di quella che Stacy Horn nel 2018 avrebbe chiamato Damnation Island.
A questo punto Nellie propone al World un progetto più scanzonato. Da tre anni non prendeva ferie, si era rinchiusa in un manicomio per eccesso di zelo e a quei tempi andava di moda Phileas Fogg, dunque chiede a Pulitzer di fare il giro del mondo in meno di 80 giorni. Lui rifiuta, vuole mandare un uomo perché lei avrebbe bisogno di un protettore o di qualcuno a portarle le valigie. Nellie impiega un anno a convincerlo e quando ci riesce corre a fare shopping tra la 19ma e la 5a strada. Dove ora sorgono i megastore di Victoriaʼs Secret e H&M a quel tempi cʼera William Ghormley, il couturier da cui si serviva gente come la moglie del futuro presidente Benjamin Harrison. Nellie cerca un abito da portare per tre mesi e invece di venderle un infinity dress da annodare in novanta modi diversi le confezionano un vestito blu su misura con tanto di soprabito di tartan color cammello.
Così, travestita da porta abiti della Burberry, Nellie Bly parte la mattina del 14 novembre 1889. Il suo diario si apre con un «Come mi è venuta questa idea?» affatto rassicurante e la lamentela che i viaggi dovrebbero iniziare dopo colazione.
Trascorre i giorni di navigazione tra mal di testa e nausea, e una volta a Southampton controlla «la freschezza della pelle e la tenuta della pettinatura». Lʼhype era alle stelle: il World rilasciava bollettini quotidiani sulla sua traversata, si scommetteva sulla durata del viaggio intero, poteva mica sbarcare in Europa come ʼna sciattona? Inoltre, aveva un invito a cena da Jules Verne. Lui, lʼautore de I Viaggi Straordinari, il padre di Phileas Fogg! Quando lo incontra lʼentusiasmo iniziale sembra scemare e ce lo descrive «alto un metro e sessantacinque», «si esprime in frasi brevi e rapide». Gli spiega che non farà tappa a Bombay perché preferisce guadagnare tempo piuttosto che soccorrere una vedova in lutto come Fogg. Lui insinua che potrebbe forse incontrare un giovane vedovo e Nellie non risponde, delusa, ignara che lui fosse allʼinizio di quello che la critica letteraria definisce il suo «periodo nero»…
In generale Nellie tratta gli uomini con razionalità e diffidenza. A Brindisi telegrafa degli articoli al World, ma lʼimpiegato dellʼufficio postale non sa dove sia New York e per un pelo le fa perdere la nave. Un giovane la chiede in sposa, ma soltanto perché si era sparsa voce che fosse una ricca ereditiera. Un uomo le confida che non trova la donna giusta perché nessuna sa viaggiare leggera come lei e subito dopo le confessa che lui aveva imbarcato ben diciannove valigie! Infine, nel tratto di mare verso Hong Kong lʼufficiale capo la corteggia: «Pensi che la vita valga la pensa dʼessere vissuta?» e subito dopo le prospetta di lanciarsi in mare insieme perché «lʼannegamento è come un lungo viaggio, come scivolare in un dolce sonno». Lei, affatto convinta da questo singolare approccio, lo allontana e lo denuncia.
È che Nellie preferisce il sonno del mattino, da sola e a letto. Quando gli inservienti bussano alla sua cabina li scaccia urlando: «mi alzo quando ne ho voglia!» Mostra compassione per bambini, giocolieri e in generale per deboli e miserabili. Immune dalla nostalgia, non cita mai la sua famiglia, nemmeno a Natale. Visitando Colombo, dove la nave ritarda di cinque giorni, si dispiace di aver lasciato a casa la sua Kodak. Viene a sapere che Cosmoplitan ha ingaggiato una certa Elizabeth Bisland per batterla sul tempo facendole fare il giro del mondo opposto rispetto al suo. Teme di perdere la scommessa, ma recupera tempo sospinta dai monsoni. A Singapore compra una scimmietta (protagonista del romanzo di Joan Blos Nellie Bly’s Monkey: His Remarkable Story in His Own Words). In Cina le vietano di visitare un tempio indù perché è donna, ma la fanno indulgere fra tribunali ed esecuzioni capitali. In Giappone resta affascinata delle maniche larghe dei kimono, immagina che le donne nascondano di tutto in quelle maniche «incluso il loro cuore».
Una tempesta di neve la accoglie a San Francisco il 20 gennaio 1890. Da lì prosegue in treno e conclude a New York il giro del mondo in 72 giorni 6 ore 11 minuti e 14 secondi.
«Non posso votare ma posso dimostrare quello che può fare una donna moderna quando va oltre il pregiudizio e le sottovesti»: battere un record, viaggiare sola e indossare lo stesso scafandro di tartan per tre mesi di fila.
Si licenzia dopo che il giornale le rifiuta il bonus promesso prima della partenza e si mantiene tenendo conferenze pubbliche a pagamento. Sposa un milionario anziano di cui rimane presto vedova. Registra 25 brevetti industriali per lʼazienda del marito, che tuttavia dichiara bancarotta per problemi finanziari. Durante la Prima Guerra Mondiale parte in qualità di corrispondente dallʼEuropa e ‒ indovinate? ‒ non fa la fine del gatto in trincea.
Muore di polmonite a New York nel 1922 in modo del tutto ordinario. È lʼanno in cui è ambientato Il Grande Gatsby, pubblicato nel 1925, in cui il personaggio di Ella Kaye è ispirato a proprio a lei.
È sepolta nel Bronx dove riposano anche Elizabeth Bisland e Herman Melville (un altro povero orfano della costa est che ci ha raccontato le sue peripezie per mare e per terra). Sulla lapide sono incisi lo pseudonimo senza ipsilon, la sua professione e tra di essi “Elizabeth Jane Cochran”, il nome della bambina vestita di rosa alla quale Nellie Bly ha cambiato il destino.