Pubblicato in: Attualità al femminile, Eppur son donne, Eppur son femmine

Anna Coleman Ladd: la scultrice che restituì un volto ai mutilati della prima guerra mondiale

di Elena Ciurli

Oggi abbiamo una triste familiarità con la chirurgia ricostruttiva del volto: tanti sono stati infatti negli ultimi anni i casi di donne sfigurate dall’acido nel nostro Paese, per cause che qui non è il momento di elencare (in Italia dal 2013 al 2017 i casi sono triplicati, e in Europa va anche peggio*).

I volti mutilati hanno un potere totalmente disturbante: non riesci a distogliere lo sguardo, non ti lasciano scampo.

Ma agli inizi del Novecento, con la prima guerra mondiale a distruggere corpi e anime, la chirurgia era in grado solo di rimettere insieme i pezzi, e cercare di far sopravvivere i soldati mutilati.

Le mutilazioni, le più gravi o compromettenti, non riguardavano gli arti, ma il viso, che restava scoperto.
Una gamba o un braccio di legno erano, oltre che un grave handicap, forse una storia da raccontare ai nipoti, ma un’intera parte del viso mancante era tutt’altro. Era la trasformazione da uomo in freak, mostro, fenomeno da baraccone, bestia. Era la morte sociale: si traduceva in sguardi orribili da parte della gente. Quegli sguardi di morbosa commiserazione, che ammazzano ciò che resta di una psiche già distrutta.

Ed è qui, in questa zona d’ombra, terra di rifiuto della propria immagine deturpata, che Anna Coleman Ladd è entrata a portar luce con la sua arte, e le sue maschere realistiche, che davano una nuova dignità a questi uomini dilaniati dalle bombe e dagli spari.

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