di Francesca Santi

Il buio ha corpo e denti: è avvolgente, è denso, ingloba e mastica tutto. Il lucore dei lampioni è impotente contro di lui: solo l’alba può disfarlo, ma l’alba è ancora lontana, Gloria lo sa e ha paura, per questo accarezza la torcia tattica che ha nascosto sotto il sedile; è illegale e non è abbastanza per difendersi da una strega, ma è tutto ciò che ha.
La radio gracchia, facendola sobbalzare: esita qualche istante prima di accettare la chiamata.
A quest’ora, non c’è brava gente in giro. E poi la Strega è ancora a piede libero.
Gloria solleva il polsino della camicia, scoprendo un piccolo tatuaggio, una pazzia di gioventù; raffigura Samantha, la protagonista di “Bewitched” a cavallo di una scopa, com’era disegnata nella sigla: cappello a punta, capelli biondi e sorriso smagliante… lo adorava quel telefilm! Quante volte ha desiderato risolvere i problemi arricciando il naso, invece, non bastano nemmeno le lettere sempre più minacciose del suo avvocato per convincere Flavio a pagare gli alimenti e le si spezza il cuore ogni volta che Teresa passa davanti alla vetrina dov’è esposto un tutù rosa o rattoppa per l’ennesima volta i jeans stinti di Andrea. Vorrebbe ricoprirli d’oro, però… è quel però a convincerla a fare un’inversione a U per dirigersi alla stazione dove l’aspetta chissà chi.
Gloria gira la manopola della radio: vuole sapere se la Strega ha colpito ancora. Ha già accecato Ludovico, piantandogli due penne Bic nelle pupille, ha rotto il finestrino del veicolo di Carlo e l’ha sgozzato con una scheggia, ha spezzato il collo di Gianni, poi ha marchiato tutti e tre con la sua firma – un pentacolo in mezzo alla fronte – e, infine, ha scritto una frase con del rossetto nero sul parabrezza: “Notte fosca, notte oscura, meglio faresti ad aver paura”.
Lo speaker snocciola notizie che non ha voglia di ascoltare. Gloria ruota la manopola in cerca di una canzone allegra, ma trova soltanto “Psycho Killer” dei Talking Heads: si passa una mano tra i ricci, venati di grigio. “Fa’ che non la incontri mai.” sussurra in uno sbuffo.
La stazione spunta all’orizzonte: sembra una sagoma di cartone incollata su uno sfondo blu scuro su cui qualcuno ha piazzato dei brillantini a mo’ di stelle. «È l’opera di un bambino».
Nel dirlo la malinconia l’assale. Se fossi stata più cauta, forse…
È un pensiero fugace, che scaccia scuotendo la testa. Si mette in bocca una gomma, staccando anche un po’ di carta, ma non se ne accorge e la impasta col chewing-gum, masticandola con veemenza. La sua cliente l’aspetta: è in bilico sul bordo del marciapiede e si dondola sui talloni, guardandosi gli stivali a punta. Gloria stringe gli occhi per metterla a fuoco e un sorriso le affiora sulle labbra: è magrolina, supera appena il metro e cinquanta.
«È poco più che una ragazzina: è innocua», mormora con voce gonfia di sollievo.
La cliente ha i capelli d’un biondo sbiadito alla radice che si scurisce fino a diventare nero in punta; ha il naso arrossato dal freddo; la bocca coperta da una sciarpa di lana nera e le mani affondate in un cappotto svasato.
Gloria accosta. Sarà appena uscita da una festa, magari ha litigato col fidanzato…
La giovane s’infila nella monovolume bianca e borbotta un indirizzo.
«Cosa?», chiede Gloria.
«Viale dei Tigli, 10», ripete lei, liberandosi dalla sciarpa.
Non dice altro, abbassa lo sguardo sul cellulare e un lucore verdastro investe il suo viso cereo.
Gloria la osserva dallo specchietto retrovisore: è quasi una bambina, ma ha occhi d’un colore insolito… nocciola, forse, ma venati di giallo. La ragazza alza la testa di scatto e incrocia il suo sguardo, facendola sussultare. Il suo rossetto è nero, proprio come quello usato dalla Strega e sul mento ha uno sbaffo vermiglio.
«Che ha da guardare?», chiede lei, brusca.
«È un po’ tardi per andare in giro alla tua età: si fanno brutti incontri».
La ragazza muove freneticamente i pollici sulla tastiera. «Magari il brutto incontro sono io».
Gloria stringe il volante: le dita le tremano. «Non scherzare, per favore. È un periodo terribile per i tassisti e ogni tanto è bello avere una cliente…normale».
La giovane accenna un sorriso simile a un ghigno, senza guardarla. “Si riferisce ai quattro omicidi?”
«Tre».
«Quattro. Perché non cambia stazione? L’ho appena sentito al TG Notte».
Gloria gira la manopola con foga e l’annuncio roco la colpisce come il destro di un pugile professionista: «Italo Grassi, cinquantacinque anni, è stato trovato nell’abitacolo del suo taxi con la gola squarciata… a morsi, secondo le prime indiscrezioni».
Italo. È toccato a lui, stavolta. Un mattacchione, amante del buon vino, con la battuta sempre pronta e due figlie dell’età dei suoi. La donna si porta una mano alla bocca. La strada s’appanna all’improvviso: filtrata dai suoi occhi umidi, trema tanto da costringerla a rallentare. «Oddio! Ma perché?»
La ragazza abbandona un istante il cellulare per passarsi un indice sui denti.
Erano macchiati di rosso? O era soltanto il nero del rossetto?
La passeggera si sbottona il cappotto. «Forse se lo meritava».
Gloria si morde la lingua per non insultarla e si asciuga le lacrime col dorso della mano, poi sbarra gli occhi: la giovane ha uno strano pendaglio al collo, sembra una stella sghemba, ma in realtà è…
«Un pentacolo».
Lo mormora appena eppure la sconosciuta la sente e un angolo della bocca si piega all’insù.
«Pare che la Strega ne abbia uno uguale al mio», dice prelevando un accendino dalla tasca.
«Non si fuma qui».
La giovane alza le mani e lo mette via.
Se scaldasse il ciondolo con la fiamma e poi lo premesse sulla pelle della sua vittima…
Gloria si addenta un pollice e la guarda di sottecchi: il telefono la illumina di una luce sinistra, disegnando ombre inquietanti sul suo volto. «Italo era un brav’uomo».
«Eravate amici?»
«Andava a pesca con mio marito. Col mio ex marito. Erano molto legati».
«E voi due? Uscivate spesso? A Natale vi scambiavate i regali? Gli innaffiava le piante quando partiva in vacanza?»
«Niente di tutto questo, ma… una volta abbiamo fatto una cena tra colleghi ed eravamo seduti accanto».
La ragazza tira la testa indietro ed emette una specie di raglio: la sua è una risata sguaiata, quasi oscena. «Tutto qui?»
«S-sì” balbetta Gloria “Ma da quel poco che lo conoscevo…»
«Le sembrava ok».
Le labbra della ragazza sono una mezzaluna tagliente. «Le credo, tuttavia, se quell’Italo avesse tenuto in cantina una collezione di tute in latex da sfoggiare con prostitute minorenni lei non lo avrebbe mai saputo».
Gloria sputa la gomma in un accesso incontrollato di risa, ma se ne pente subito, mortificata per aver offeso la memoria del morto: l’immagine di Italo – Botero, come lo chiamavano tutti – avvolto in una guaina traslucida l’ha stesa.
La ragazza infila il cellulare in una tasca del suo capiente borsone e fa scattare le due fibbie della chiusura con le sue unghie puntute, decorate con un motivo a ragnatela: ne sfila un’agenda nera, su cui appunta qualcosa.
«Credo che rimarremmo tutti sorpresi dai segreti delle persone che pensiamo di conoscere».
Gloria le lancia un’occhiata di sbieco e per un attimo l’impressione che sia giovanissima sfuma, ma quando la ragazza scuote i capelli e si sistema una ciocca dietro l’orecchio, le appare di nuovo come la bambina di prima. «Non di tutte, magari».
«Di tutte. Lei non si vergogna di qualche sua abitudine strana che non racconterebbe mai a nessuno?»
Gloria ripensa al biondino tedesco, caricato mesi prima: la corsa l’aveva saldata sul sedile posteriore del taxi, in un vicolo lurido, vicino all’albergo dove doveva portarlo. Si era ripromessa che non sarebbe mai più accaduto, invece era successo con un turista americano qualche settimana dopo e poi con quel professorino, nervoso per il suo primo incarico. Ormai è diventata una consuetudine quando il cliente è un uomo avvenente sotto i trenta.
Gloria avvampa senza accorgersene e la ragazzina le rivolge un sorriso affilato. «Se lei ce l’ha perché non avrebbe dovuto averla anche Botero Grassi?»
Gloria preme il piede sul freno e inchioda, facendole sbattere la testa sul sedile. «Non ti ho mai detto il suo soprannome».
«L’ha detto il notiziario. Lo chiamavano tutti così».
Gloria cerca nella memoria le parole dello speaker. L’ha detto? Non trovando una risposta, riparte: sente lo sguardo invadente della passeggera incollato sulla sua schiena. Vuole parlarle, ma la lingua le resta incollata al palato. Il silenzio è una coltre che la fa sudare.
«Conosceva anche gli altri?», chiede la ragazza, liberandola da quel fardello.
«Erano amici».
La ragazza torce il naso in una smorfia buffa.
«Non ci frequentavamo molto, è vero, ma essere sulla stessa barca unisce: è un lavoro pericoloso il nostro».
«A volte anche i clienti sono in pericolo».
Gloria sbircia la sconosciuta dallo specchietto: fissa il profilo della città che scorre fuori dal finestrino e, di tanto in tanto, scrive qualcosa sul taccuino.
«Ci saranno anche tassisti poco raccomandabili, ma non certo tra i miei colleghi».
«Perché dice così? Non sa del latex di Botero e di sicuro non sa nemmeno che Carlo Dossi aveva un borsone da ginnastica pieno di droga in fondo all’armadio, che Gianni si giocava metà stipendio a Texas Hold’em e che Ludovico Paris era sospettato d’omicidio».
Gloria sussulta nel sentire quell’ultimo nome: Ludo era l’unico che conosceva davvero.
«Per come la vedo io, la Strega è nel giusto. Ripulisce le strade dalla feccia: ha cominciato coi tassisti, individuando quelli marci, ma ha un piano più ambizioso».
Gloria rabbrividisce: un sorriso sognante addolcisce i suoi lineamenti eppure i suoi canini sono appuntiti come quelli di un predatore.
«Hai una fervida fantasia… se tu dovessi dare un volto alla Strega quale sarebbe? Io scommetto che è un maschio: una donna non avrebbe potuto sopraffare uno come Italo».
«Perché no? Basta un teaser per stendere chiunque».
La ragazza mette via l’agenda e accarezza un oggetto metallico che spunta dalla borsa prima di richiuderla.
Gloria non riesce a metterlo a fuoco: un baluginio le fa sbattere gli occhi. «È illegale».
La sua mente vola alla torcia tattica dietro il suo sedile mentre lo dice.
«Anche la metanfetamina lo è, ma pare che Dossi ne tenesse sempre una bustina nel cruscotto: un modo per arrotondare».
Gloria molla il volante, sollevando le braccia in un moto di sdegno. «Ora esageri! Lui non avrebbe mai…»
La ragazza si china in avanti. «Superato il limite? Lei non l’ha mai fatto?»
Le sue labbra sono tirate in un frego nero, mai suoi occhi sorridono.
Lei sa. Gloria lo pensa soltanto, ma risponde: «Mai».
La ragazza si passa la lingua sui denti e si abbandona sul sedile. «Strano! Ho sentito delle voci…»
Gloria stringe il volante fino a farsi sbiancare le nocche. «Quali voci?»
«Niente d’importante. Piuttosto, il più giovane che è morto, Paris…»
Gloria deglutisce: si rivede con Ludovico in un’area di sosta in periferia.
Lui pescava patatine da un sacchetto unto, lei risucchiava il fondo della sua Coca Zero… incontrarsi per uno spuntino di fine turno era diventata una piacevole abitudine ma quella sera Gloria si era chinata in avanti senza pensare, aveva armeggiato con la lampo dei suoi jeans e Ludo era arretrato con un balzo, spargendo gli avanzi della sua cena a raggiera sull’asfalto.
«Ma che fai? Ho una moglie», aveva detto, guardandola come se gli avesse vomitato addosso.
La voce della ragazza straccia quel ricordo. «Era tutto casa e chiesa, faceva anche del volontariato, poi una barbona alla mensa dei poveri gli ha dato del finocchio…»
La giovane fa roteare l’indice vicino alla tempia. «Era fuori di testa, poveraccia, ma lui l’ha strattonata, lei è caduta e ci è rimasta secca».
«Smettila!» urla Gloria. «Era una brava persona, non hai il diritto di inventarti queste cose!»
Lei si stringe ancora nelle spalle. «Si fa per parlare».
Gloria la studia in silenzio. «Si può davvero nascondere qualcosa di così… enorme?»
La ragazza traccia col dito una parola sul vetro appannato.
Notte, forse? Notte fosca?
«E perché no? Ci si perdona tutto, magari dando la colpa a un marito che ci ha lasciato dopo aver trovato un test di gravidanza nel cestino del bagno…»
Gloria frena di botto, ma stavolta la ragazza si regge alla maniglia. La donna si china per cercare la torcia e il panico la invade quando non la trova.
«E che si è fatto due domande, visto che non gli aveva detto nulla e che le voci sul suo vizietto cominciavano a diventare insistenti».
Gloria, ripiegata sul sedile, tasta il tappetino alla cieca. «Come lo sai?»
«È incredibile quante cose ti racconti la gente, se sai fare le domande giuste e a questo proposito…»
La ragazza afferra l’oggetto metallico nell’istante in cui Gloria serra le dita sulla torcia tattica e la schianta sulla tempia della ragazza che esplode in un geyser di sangue e ossa.
«Piccola bastarda!», urla. «Hai finito di decimarci, Strega, hai finito!»
Cala la sua arma sulla nuca della passeggera una, due, tre volte, fermandosi solo quando è ridotta a un grumo di carne che le ricorda la tartare di manzo che ha consumato per cena: deglutisce per ricacciare indietro il conato che le brucia la gola e allunga le mani tremanti verso la borsa della sconosciuta. Le sue dita sono ancora strette attorno all’oggetto metallico: non è un teaser, ma un microfono a gelato, collegato a un mangianastri.
Uno di quegli apparecchi vintage che costano una fortuna.
Gloria fruga convulsamente nel borsone e trova un paio di nastri numerati, affiancati da dei nomi: 1 – Mara Dossi, sorella di Carlo; 2 – Dino Poggi, amico di Lodovico; li lascia ricadere e afferra il cellulare, che le scivola di mano più volte, prima che riesca ad accedere agli ultimi messaggi della ragazza, scambiati con un tizio che ha salvato come “Boss”.
«Quando mi mandi le prime pagine?»
«Ci sto lavorando. Ho intervistato un bel po’ di gente. Ho avuto un gran culo a parlare con quell’avvinazzato di Botero prima che la Strega lo ammazzasse… non hai idea delle chicche che ho scoperto».
«Una cenetta in notturna? Così mi racconti…»
«Domani. Ho appena fatto una scorpacciata di krapfen da star male».
Gloria le passa un dito sul mento e se lo porta alla labbra. Lampone.
Sfila dal borsone l’agenda: ogni pagina è datata e fitta di appunti su tutti i suoi colleghi.
Forse ho incontrato la ninfomane di cui mi ha parlato Botero – c’è scritto sull’ultima – Voglio fare un test, scoprire se quello che mi ha spifferato è vero. Personaggio interessante. Da inserire.
«Un libro, stava scrivendo un libro», mugola Gloria, premendosi un pugno sulla bocca.
Copre il volto della ragazza con la sciarpa nera per non incontrare il suo sguardo vitreo e le sue labbra cristallizzate in un grido muto e riparte verso la centrale di Polizia più vicina, pregando un imprecisato Dio di perdonarla, ma quando avvista l’insegna blu e bianca, svolta d’istinto.
I fossi che costeggiano le mura. Se butto il corpo lì, con un peso legato ai piedi…
Quel pensiero la turba, ma continua a guidare, lanciandosi un’occhiata comprensiva nello specchietto. A quest’ora non c’è brava gente in giro – pensa – ed io non faccio eccezione.