Chi Siamo

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Donne Difettose è progetto nato dall’incontro di tre donne, ognuna immersa nel proprio universo parallelo, che un giorno si sono trovate e hanno capito di non essere più sole.

Sentirsi incompresi è uno stato mentale piuttosto diffuso, e sentirsi superiori anche. Ecco, non è il nostro caso. Non siamo né meglio né peggio di tutte le altre donne, non ci sentiamo nemmeno più intelligenti, e siamo consapevoli del fatto che la nostra sia solo una visione soggettiva – e anche piuttosto discutibile.

Ci definiamo difettose perché questo aggettivo rappresenta più degli altri il nostro non essere confinate negli stereotipi femminili e, ne siamo convinte, in realtà tutte le donne uscirebbero da tali stereotipi, ma a volte non hanno i mezzi per farlo o magari vengono solo sottovalutate.

In questo blog, attraverso le varie rubriche, diamo spazio alla nostra visione dall’altro lato del ponte, dove si ribaltano le abitudini, i modi di pensare e di comportarsi che le nostre generazioni hanno imparato dalle proprio madri, nonne e bisnonne (sia pace alle anime di chi non c’è più, e inorridirebbe a non vederci rifare il letto quando ci alziamo la mattina).

Ecco chi siamo:

Redattrici:

Alice Scuderi

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Sono un’Alice che nuota male e soffre di mal di mare, in compenso non so stare zitta come un pesce, anzi! Parlo e parlo, e per zittirmi l’unico modo è…farmi scrivere!

Dalle nebbiose pianure padane, alle distese di carciofi della Val di Cornia, ho seguito la corrente e un marito mutante, mezzo pesce-mezzo uomo. Viviamo in una casa piena di colori, insieme a Frida Kahlo, James Ellroy, Philip K. Dick, Mario Vargas LLosa, manuali di triathlon e bici da corsa. Sono bandite le pareti vuote, i bigotti e i fan del ferro da stiro. Ma non mancano mai penne e quaderni. Durante il Cenozoico mi sono laureata in biologia, spinta da una stralunata passione per il mare in generale e gli squali in particolare. Eppure l’acqua non è proprio il mio elemento: dopo innumerevoli tentativi -falliti- di prendere un brevetto, ho capito di essere decisamente un animale del sopralitorale (battuta da biologo marino). A parte due pergamene ancora arrotolate nel loro tubo, la laurea mi ha portato l’amore e un trasferimento in un’amena località toscana dove vivo tutt’ora (ma sarà per sempre?).

Precariamente sono una tecnica di laboratorio chimico, ma costantemente scrivo per passione. Da tre anni frequento la rinomata Scuola Carver di scrittura creativa a Livorno e con loro ho pubblicato due racconti nelle antologie “Scarpe Diem” e “Nome Omen”. Dato che mi piace sperimentare, altri miei lavori sono usciti in alcune raccolte pubblicate da Delos Book. Perché sono difettosa? Perché mi piace pensare con la mia testa.

Beatrice Galluzzi

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Una donna difettosa dalla nascita. Ho deluso intere generazioni di massaie rifiutandomi di fare il risvoltino al copriletto. Tra l’altro – a causa delle mie tendenze dissidenti – utilizzo i miei tre cani al posto del piumone.

Non tollero il fatto che essere donna voglia dire avere un profilo fiabesco, ovvero rappresentare una madre non solo per i propri pargoli, ma per tutto il genere umano. Speravo che nell’avere una figlia sarei stata finalmente posseduta dal “demone della maternità” e avrei cominciato a stirare camicie, cucinare manicaretti e, soprattutto, sarei diventata sorda come le altre genitrici, che riescono a leggere un libro tra le grida delle loro creature isteriche. Mio malgrado, ci vedo e ci sento ancora benissimo.

Sulla carta sono laureata in “Comunicazione in Società della Globalizzazione” – uno scioglilingua, più che un titolo di studio – ma per vivere faccio la bibliotecaria.

Per sopravvivere, invece, scrivo.

Il mio primo romanzo si chiama Sangue cattivo – anatomia di una punizione (effequ, 2023).

Alcuni miei racconti online sono “La mucca esplosa“, “Bella de casa” e “Polpettone” su Verde Rivista; “Nello spazio vuoto” su Malgrado le mosche; “Vivere sicuri” su L’irrequieto; “In un precario equilibrio” è su Squadernauti; Richard, su Fillide; Un unico bagliore su Waste; Dieci e lode su Crack. Nel blog curo varie rubriche tra cui Letture Incolte, Eppur Son Femmine, Madri Snaturate.

Elena Ciurli

Sulla carta d’identità sono Elena Ciurli. Mi piace raccontare gli altri, ma la storia si fa dura quando si tratta di descrivere me.

Sono figlia degli anni ’80, cresciuta a suon di cartoni giapponesi e video musicali; andavo giù per le discese senza freni e mi ritrovavo sempre con le ginocchia sbucciate. Abito a San Vincenzo, il mio paese con vista mare, nel cuore della Toscana, punto di partenza e di ritorno un po’ per tutto. Leggo tonnellate di libri, ne sono una consumatrice cronica. Provo anche a scriverne di libri, ma più spesso finisco a collezionare racconti. Qualcuno me lo hanno pubblicato, nel 2013 è uscita la mia prima raccolta: “Gente di un certo (dis)livello: manuale di sopravvivenza nella giungla metropolitana”, una selezione di racconti per chi come me non ha nessuna voglia di prendersi troppo sul serio. Nel 2016 è uscito il mio primo romanzo “Andata e ritorno” per Edizioni Il Foglio Letterario. Nel 2019 è uscito il mio ultimo romanzo noir La forma muta (Augh Edizioni).
I miei racconti sono pubblicati su antologie e riviste (Carie, Il Foglio Letterario, Carmignani Editrice, L’irrequieto, Crack Rivista, Cadillac Magazine, Malgrado le mosche, Diario Pop).

Sono stata una libraia per anni, ma adesso mi sono trasferita in una bellissima biblioteca. Amo il mio lavoro, l’odore della carta dei libri freschi di stampa prima e ricchi di esperienze ora, è meglio del caffè appena svegli.

Amo anche l’odore di benzina, e per questo e tante altre piccole cose mi sento una donna difettosa.

Sul blog curo la rubrica delle Interviste difettose e mi occupo anche di approfondimenti su musica e moda.

Veronica Galletta

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Girò tutta la vita attorno a un tavolo, senza peraltro concludere un cavolo.

Questa è l’epitaffio che desidero per la mia lapide. Non è mia, la frase, ma di Brunella Gasperini, giornalista e scrittrice che ho amato molto in gioventù, nonostante fosse decisamente una lettura per signore. Ecco da dove parte allora la mia breve bio difettosa.

Parlo con le parole di altri e giro attorno alle cose, fondamentalmente a vuoto.

Incidentalmente, ho svariati anni, ho vissuto in svariate città, ho studiato svariatamente cose differenti. Fra le altre, ingegneria civile idraulica. L’idraulica è stata la mia passione, tanto che c’ho preso anche un dottorato. Lo è ancora, ma ho smesso di esercitare. Ho lavorato per quasi vent’anni per un ente pubblico, e da poco ho preso una pausa di ridefinizione. Si sta benissimo, nel caso in cui ve lo chiediate.

In ogni caso, studiare è la cosa che so fare meglio, e così ho esteso il mio raggio d’azione al mondo. Studio persone, avvenimenti, luoghi, interazioni. Poi mi ingegno a scriverne. Prima o poi scriverò una storia dell’idraulica, e ne farò un best seller.

Vivo a Livorno, che è diventata da tappa qualunque del mio giro attorno al tavolo un punto fermo. A Livorno ho fatto un figlio, puro salsedine e libeccio. Per lui, almeno per ora, ci fermiamo.

Da Livorno mi interfaccio al mondo come posso, a metà fra Jim nel barile delle mele, e la signora Dalloway, che quella mattina i fiori li avrebbe presi lei. Ve l’avevo detto no? Parlo con le parole degli altri, e giro attorno alle cose.

Nel 2020 ho pubblicato il mio primo romanzo, Le isole di Norman edito da Italosvevo editore, con il quale ho vinto il Premio Campiello Opera Prima.

www.veronicagalletta.it

Emanuela Cocco

Laiseca Manu

Emanuela Cocco è una femmina noir, ma se la vedete in video si collega da una stanza con le apine. Ha scritto per la televisione, per il teatro, ha scritto sotto falso nome e poi lo ha anche ripudiato. Scrive sempre, scrive tutto, tranne la lista della spesa. Se costretta, potrebbe portarvi a casa il macellaio tutto affettato. Vive costretta nello spazio stretto fra le cose truculente che vorrebbe scrivere e le canzoni di Morgan e Bugo che la figlia la obbliga a cantare ogni sera. Venera Laiseca e tanti altri mentori morti.

Diversi suoi racconti, e saggi di critica letteraria, sono stati pubblicati sulle riviste: “Achab”, “AmnesiaVivace”, “Script”, “Lo Spazio Bianco” “Verde”, “L’irrequieto”, “CrapulaClub”, “La Caverna di Epicuro”, “Donne Difettose”, “Malgrado le mosche”, “Horror”, “Flanerì”

Con il racconto Mappa ha partecipato alla raccolta “Le parole sono importanti”, Dots Edizioni, 2018. Con il racconto Demiurnare ha partecipato alla raccolta “Vocabolario minimo delle parole inventate”, a cura di Luca Marinelli (Wojtek, 2019).

Collabora come docente alla Scuola Macondo – l’Officina delle Storie.

Su Book Advisor cura la la rassegna di riscoperte letterarie “Dopo la prima”.

Per Donne Difettose cura la “Staffetta Difettosa”, rassegna video di proposte letterarie di testi scritti e presentati da donne.

Tu che eri ogni ragazza, Wojtek 2018, è il suo primo romanzo.

Silvia Ciurli

silvia-ciurliCitando una delle mie professoresse di matematica del liceo, sono “difficile da inquadrare”. Il che significa “sfuggente”, “strana”.

Lo ero da piccola quando mi nascondevo nel sottoscala per non essere costretta a salutare gli ospiti; lo ero quando alle scuole medie ero la “non scelta” durante educazione fisica per la mia agilità da elefantessa gravida; lo ero al liceo quando invece di ubriacarmi o andare a ballare aspettavo l’alba davanti alla tastiera del pc con i Pink Floyd nelle casse, le poesie di Rimbaud sul comodino e desiderando di morire giovane e bella (cioè, bella: in quelle che credevo sarebbero state le mie condizioni migliori) perché sarebbe stato nettamente meglio che farlo da decrepita, malata e rincoglionita. In pratica, volevo essere un bocciolo di rosa stabilizzata. Il degno gingillo di una vecchia e zuccherosa signora. È chiaro che al mio progetto mancasse una buona dose di logica.

Il mio essere difettosa -anzi, il mio non voler esserlo– mi ha fatto mollare la carriera universitaria, perdere chili e un centro di gravità permanente ma da quando ho deciso di accettare che sono fatta per sconvolgere la media matematica della normalità (con buona pace della suddetta professoressa, che per inciso mi stava simpatica come lo spigolo del comodino contro il mignolo del piede), il mio spazio nel mondo ha cominciato ad essere più confortevole.

Adesso lavoro per una piccola biblioteca di mare come Social Media Manager, oltre ad occuparmi delle sue succursali scolastiche e dei progetti didattici per i ragazzi e le ragazze.

Nel resto del tempo, mangio carboidrati, rincorro gatti, mi ustiono sotto il sole, ascolto musica che va dall’indie italiano alla dark wave, piango per ogni tempesta emotiva, mi lamento a tempo perso e scrivo su Instagram come lapazzadelcampo per rivendicare la grande fortuna di essere nata con un cuore difettoso.

Collaboratrici:

Francesca Santi

Oggi sono Francesca Santi, ma una vita fa ero Moleskina e facevo la sceneggiatrice di fumetti, una carriera che mi ha regalato sia momenti esaltanti che grandi frustrazioni e che adesso è solo un ricordo.

Quando devo descrivermi mi vengono in mente solo difetti, dunque mi trovo nel posto giusto e sono fiera di esserci: sono una disorganizzata cronica, sono allergica alle faccende, il mio orologio biologico è rotto da sempre e procrastinare è nel mio DNA… forse è per questo che un giorno sono scivolata negli “anta” senza neppure un manuale d’istruzioni per l’uso, ma con un mutuo da pagare e due gatti a carico.

Grazie a – o per colpa di – una laurea in Letteratura Francese (svarione di gioventù) mi sono ritrovata a insegnare per un breve periodo, ma anche se avrei voluto affrontare quell’esperienza con l’entusiasmo con cui i nani di Biancaneve se ne vanno in miniera, mi sentivo fuori posto e mi sono presa una pausa, ricominciando a scrivere con continuità dopo tanto tempo.

La Scuola Carver è stata il mio “punto di ripartenza”: ho conosciuto lì le fantastiche Donne Difettose, che mi hanno fatto subito sentire una di loro e i racconti che ho pubblicato negli ultimi due anni in svariate antologie (The Dark Side of the Woman è senza dubbio la mia preferita) sono nati quasi tutti a lezione.

Scrivere e leggere sono le mie medicine contro la tristezza, ma anche il cinema e le serie tv aiutano e spero di recensirne parecchie su questo straordinario blog.

Benedetta Bernardini

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Difettosa, soprattutto nelle relazioni di coppia.

“Dura di più un gatto sull’autostrada che te con un uomo”. La frase che mi ripetevano le mie amiche alla fine di ogni mia breve-ma-intensa storia d’amore.

Da questa consapevolezza, dopo la laurea in Sociologia, ho deciso di specializzarmi in “Mediazione familiare e Counseling“. Un percorso in salita, che mi ha dato l’opportunità di diventare allieva del maestro Claudio Naranjo e, soprattutto, di fare esperienze di psicoterapia su di me. Oggi, oltre a essere orgogliosa dei miei difetti, aiuto le coppie e le persone a realizzare relazioni di qualità. Presso l’istituto “Mille e una Meta” ho ideato Bullbuster, un progetto di mediazione scolastica per la prevenzione del bullismo.

Abito a San Vincenzo ma ho nel cuore Livorno, la città magica dove lavoravo prima di diventare mamma.

Livorno fu galeotta anche in quanto culla dell’amore con il padre di mia figlia, detto Il Greco – perché greco lo è davvero – capitano di navi e, come avrete capito, un pirata, professionista dell’amore. Ovviamente, la scelta di un uomo che non c’è quasi mai e che parla un’altra lingua – ci vediamo poco, parliamo e non ci capiamo – è data da un tentativo di avere una relazione lunga e romantica, che duri per tutta la vita. Magari funzionerà, non credete?

La mia pagina Facebook è centroascoltofamiglia.

Ilaria Petrarca

Sono cresciuta vicino Roma in un paese con un fiume, il mare, un aeroporto e nessuna libreria. Fortuna che cʼerano i classici che leggeva mio nonno e i romanzi che comprava mia sorella! Ho imparato presto a viaggiare grazie alla mia famiglia, una cosa che negli anni è diventata un vizio: io sono Difettosa perché non so stare ferma.

Ho studiato Scienze Politiche ed Economia, cambiando lavoro città e casa un mucchio di volte. Credo che non smetterò.

Scrivo racconti, alcuni dei quali sono finora apparsi su riviste online (Narrandom, Risme, Offline), cartacee (Digressioni), in ebook (Typeebook), in raccolte edite (“Déjà vu. Altre storie, altro presente”, A. Polidoro 2020). So che non smetterò.

Nel futuro vorrei trascorrere un weekend senza smartphone/laptop/persone-con-smartphone-o-laptop. Vorrei anche imparare il giapponese, aprire una libreria in un certo faro dismesso ed evitare di perdere le chiavi di casa degli altri. Intanto va bene così.

Federica Bertagnolli

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Per me è difficile descrivermi, visto che al momento niente di ciò che faccio è stabile o duraturo; il che, ovviamente, risulta elettrizzante e spaventoso al tempo stesso.

Finito il liceo non avevo idea di chi volessi essere, così sono scappata a Dublino per un po’. L’aria frizzante dell’Irlanda deve avermi rinfrescato le idee, perché quando sono tornata avevo un piano: studiare cinema all’università. Mi sono iscritta al DAMS, ma nel corso dei tre anni accademici ho capito che il settore cinematografico non faceva per me. Ho proseguito comunque gli studi dedicandomi all’arte e alla fotografia, e intanto non ho mai smesso di scrivere. Alcuni miei racconti sono stati pubblicati sulle antologie di concorsi letterari, e per un po’ ho redatto articoli a sfondo fotografico per un magazine online.

Quest’ultimo periodo lo sto vivendo barcamenandomi tra un lavoretto e l’altro e cercando di conciliare le mie più grandi passioni in un’unica attività. Da qui l’idea di aprire una rubrica che parli delle donne che utilizzano la fotografia come mezzo d’espressione: scrivere di arte, quale modo migliore per mettere alla prova ciò che ho imparato?

Nella vita di tutti i giorni alterno il caos più assoluto a brevi ma produttivi sprazzi di razionalità. Il Sagittario che è in me comincia mille progetti in una volta sola e odia restare per troppo tempo nello stesso posto, perciò è riuscito a convincermi a cercare casa a Milano – “per cambiare aria”, ha detto. Ho deciso di ascoltarlo.

Da qualche mese gestisco una pagina Instagram dedicata alla letteratura, si chiama @biblioteca_segreta. Se volete sentirmi sproloquiare sui libri che leggo, mi trovate lì.