Partorirai…se vorrai

Una vita per i diritti delle donne: Margaret Sanger

Alice Scuderi

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Nel reparto “ginecologia e ostetricia” dell’ospedale di Piombino, su un muro ricoperto di foto di neonati e cartoline di ringraziamento, c’è una targa che non commemora alcuna nascita, ma una donna che ha speso la propria esistenza perché in quei reparti ci fossero solo donne felici e convinte delle proprie scelte.

Provate a pensare alla vostra vita di donne: chi più chi meno, avete avuto la possibilità di scegliere se fare figli, quando farli, portando avanti la gravidanza nel modo più sicuro consentito dai progressi della medicina. Beh un po’ di questa libertà la dobbiamo a un’infermeria americana di origini irlandesi, che lottò contro un mondo maschilista per difendere il diritto delle donne all’autodeterminazione. Margaret Sanger non aveva superpoteri, a meno che questi non comprendano una mente aperta e una ferma risoluzione nel portare avanti le proprie idee.                                                                                                        La sesta di 11 figli su 18 gravidanze totali, infermiera nell’America di fine ‘800, Margaret whatdiventò attivista e scrittrice proprio grazie a questa coinvolgente esperienza professionale, esercitata nei bassifondi dell’East Side di New York. Assistette donne che affrontavano gravidanze continue, aborti spontanei e autoindotti a causa della mancanza di informazioni su come evitare gravidanze indesiderate. Margaret non poteva restare in silenzio. Così nacquero due rubriche sull’educazione sessuale, “Cosa dovrebbe sapere ogni madre” e “Cosa dovrebbe sapere ogni ragazza” in cui in modo franco, e oltraggioso per i tempi, affrontava i problemi che aveva trattato con le sue stesse mani. Eppure non era abbastanza.

Fu un evento in particolare, così lei raccontava, la molla che diede l’impulso decisivo alla sua lotta: la storia di Sadie Sachs, una donna che si ammalò gravemente a seguito di un aborto autoindotto. Quando Sadie chiese al suo dottore come potesse evitarlo in futuro, lui si limitò a dirle “astinenza signora”, dimenticando non solo che ai tempi spesso una donna non poteva permettersi di dire no, ma anche il fatto – una considerazione forse troppo moderna – che come gli uomini anche il sesso femminile provasse il bisogno di intimità. E così, alcuni mesi dopo, Margaret fu richiamata nel suo appartamento, ma la povera Sadie morì poco dopo il suo arrivo. L’infermiera fu presa da una rabbia feroce, lanciò la sua valigetta nel corridoio e proclamò solennemente che non avrebbe più accettato un solo caso, fino a quando non sarebbe riuscita a rendere le lavoratrici americane capaci di controllare le nascite.

birthControllo delle nascite”, un concetto considerato da molti ambiguo, quasi dittatoriale da altri, ma se è la donna a impiegarlo, allora diventa un esercizio di libertà, ciò che distingue una società civile. Prima ancora dei famosi slogan sessantottini “l’utero è mio e lo gestisco io”, fu Margaret Sanger a proclamare che “ogni donna deve essere padrona del proprio corpo”. Contraria all’aborto, ma solo per gli effetti devastanti sulla salute femminile, cominciò a promuovere una campagna per l’uso di contraccettivi pubblicando diversi pamphlet, sfidando così la legge federale anti-oscenità che proibiva qualsiasi diffusione di informazioni sessuali. Troppa libertà e intraprendenza andavano punite, ma piuttosto che affrontare il processo, Margaret si autoesiliò in Inghilterra. Ma nemmeno qui si fermò, anzi il suo avvicinamento a esponenti del neo-malthusianesimo le diede forza e ulteriore conferma di essere sulla strada giusta. Quando ritornò negli Stati Uniti, forte delle sue esperienze europee e conoscenze su nuovi metodi contraccettivi, come il diaframma (conosciuto in Danimarca), decise di aprire a New York insieme alla sorella la prima clinica per il controllo delle nascite. Fu chiusa nove giorni dopo, ed entrambe furono arrestate.  Come si poteva combattere contro un sistema che sosteneva – queste le parole del giudice che presiedette al processo – “le donne non hanno il diritto di accoppiarsi con la sicurezza di non riprodursi” ? Ma Margaret non era sola: grazie al processo e all’arresto, le sue idee ebbero grande risonanza in tutto il paese, che si rivelò più all’avanguardia di quanto pensasse. Dopo la Prima Guerra Mondiale, Margaret infatti riuscì a fondare la Lega Americana per il Controllo delle Nascite, un’organizzazione che promuoveva la fondazione di cliniche dedicate soprattutto alle classi più disagiate e che continua la sua attività anche oggi.   Ormai la strada era tracciata: dal lavoro nelle periferie di New York, alla fondazione nel 1923 del Clinical Research Bureau, la prima clinica legale che impiegava tutti medici e operatori socio-assistenziali donne, Margaret aveva compiuto una vera rivoluzione sanitaria e culturale, che nel tempo abbracciò anche altre battaglie, come quella contro la segregazione razziale. Morì all’età di 86 anni, nel 1966, solo un anno dopo la completa legalizzazione del controllo delle nascite negli Stati Uniti da parte della Corte Suprema.

Nonostante tutto la sua figura rimane molto controversa, e le sue idee sul controllo delle nascite considerate addirittura naziste. Pensare che la gravidanza sia un evento da affrontare non solo in piena coscienza, ma anche avendo i mezzi economici e sociali per sostenerla, è davvero così blasfemo? Ai posteri l’ardua sentenza. Per fortuna molta strada in più è stata fatta, con le leggi sull’aborto, i diritti delle madri lavoratrici, le cure per l’infertilità, l’assistenza medica. Se Margaret Sanger fosse ancora qui però non sarebbe affatto soddisfatta, troppe donne ancora nel mondo soffrono per la mancanza di libertà, troppe ancora vivono nell’ignoranza forzata e sono schiave di una società maschilista.

Ed è proprio in questi paesi che spero nasca presto una nuova Margaret.

Intanto tutte le donne che partoriscono a Piombino possono guardare quel quadro alla parete e sentirsi fortunate.

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