Pubblicato in: Cercatrici di storie

Una performer d’altri tempi: la Contessa di Castiglione

di Federica Bertagnolli

Ci sono vite che lasciano il segno. Vite straordinarie e trasgressive, vite che il tempo trasfigura in leggenda.

La gente ne parla, intesse racconti sulle gesta di persone eccezionali. Nel bene o nel male, che sia grazie a fonti autorevoli o ai pettegolezzi più beceri, certe vite passano alla storia.

Quella di Virginia Oldoini, la Contessa di Castiglione, rientra appieno nella categoria.

Ritratto di contessa

Gli abiti eccentrici e le acconciature intricate sono elementi centrali delle performance di Virginia. La Contessa non segue la moda: la detta.

Nata a Firenze nel 1837, la Contessa di Castiglione viene ancora oggi descritta come la donna più spregiudicata del suo tempo. Stella indiscussa dell’élite parigina, eletta dai suoi contemporanei “donna più bella d’Europa”, nel corso della sua esistenza colleziona esperienze fuori dal comune in veste di spia, di diplomatica in missione segreta per il Piemonte, di favorita dell’imperatore Napoleone III.

E non solo: veste i panni di una quantità di altre donne, da umile monaca di clausura, alla Regina di Cuori, perché Virginia è soprattutto una performer, la prima a utilizzare la fotografia per legittimare ogni sfumatura della sua smisurata, cangiante personalità.

Per la Contessa tutto ha inizio nel 1855, quando appena diciottenne viene contattata nientemeno che da Re Vittorio Emanuele II per ricevere un importante incarico.

Nel panorama dei nuovi assetti politici che stanno per interessare l’Europa, dovrà ingraziarsi Napoleone III e favorire in tal modo un’alleanza tra la corte francese e il Piemonte. Virginia accetta, e riesce nell’impresa. In breve tempo diventa l’amante ufficiale dell’imperatore, e accompagnandosi a svariati altri politici, colleziona favori e segreti utili alla causa piemontese.

Gli autoritratti parigini

In quegli anni, a Parigi, la Contessa crea la serie di oltre 400 autoritratti che fisseranno su carta la sua giovinezza.

Per quarant’anni, infatti, tra un evento mondano e l’altro, porta avanti una stretta collaborazione con Pierre-Louis Pierson, proprietario di uno studio fotografico in Boulevard des Capucines.

Qui, sotto lo sguardo dell’obiettivo, Virginia si traveste, incarna un personaggio femminile dopo l’altro con la maestria di un’attrice, mostra le gambe e le spalle e addirittura i piedi nudi, spezza la monotonia delle rigide pose ottocentesche, elevando la ritrattistica a un nuovo grado di complessità.

Il fascino di una vera rockstar

Il famigerato costume da Regina d’Etruria, all’epoca considerato spaventosamente osé

Narcisismo estremo, hanno sentenziato molti suoi biografi, e in parte è senza dubbio così, Virginia era infatuata di se stessa.

Forse però la sua passione per la fotografia rivela altro: pulsioni che noi ragazze moderne alle prese con i social network possiamo comprendere senza sforzo.

La smania di preservare frammenti di vita in uno spazio virtuale, il bisogno di essere viste, i tentativi di sfidare la morte grazie al carattere eterno delle immagini…

Con un anticipo clamoroso sull’avvento di Instagram, Virginia trae in salvo la sua bellezza dal logorio del tempo e la moltiplica mettendola a disposizione del pubblico, pronta a sopravvivere nei secoli attraverso lo sguardo degli altri – si dice che regalasse piccole stampe dei suoi ritratti ad amici e amanti, un monito a ricordarsi di lei e del suo carisma da rockstar.

In questo scenario, con adulatori innamorati da una parte e l’invidia delle nobildonne di corte a infuriare dall’altra, lo status di fotografa non le viene riconosciuto in alcun modo.

Eppure, durante quelle famose sessioni in Boulevard des Capucines, la mente alla base di ogni operazione è lei soltanto: non una semplice modella, non uno strumento che altri artisti – uomini – sono liberi di plasmare attraverso il filtro dei loro preconcetti.

Giocando a ruoli invertiti, è lei a decidere chi interpretare, in che modo vestirsi e come allestire la scena, e addirittura è lei a gestire le fotografie in fase di postproduzione appuntando una serie di note sui margini dei negativi.

Un’artista totale

“L’assassinio”: qui Virginia interpreta il personaggio
biblico di Giuditta, armata di coltello per uccidere il
condottiero Oloferne

In ore e ore di posa si sobbarca un lavoro estenuante per indagare il concetto di identità alla maniera di artiste d’alto calibro che faranno la loro comparsa decenni più tardi – Claude Cahun, Marina Abramović, e soprattutto Cindy Sherman con il suo Film Stills.

I giornali dell’epoca la ingabbiano nel ruolo di “musa” quando Virginia in realtà è un’artista totale, tanto da presentarsi alle feste di corte con gli stessi travestimenti indossati negli autoritratti.

Davanti a schiere di nobili avvezzi alle convenzioni sociali mette in atto delle vere e proprie performance. E che performance! Immaginate lo scandalo di una donna che si presenta a un ballo in maschera vestita da Regina d’Etruria, con i capelli sciolti sulle spalle e una tunica rossa a lasciare scoperte le braccia, ai piedi soltanto un paio di sandali.

Non c’è da meravigliarsi che la notizia della partecipazione della Contessa fosse sufficiente a triplicare le vendite dei biglietti.

Voglio essere al centro del mio passato, ha scritto più avanti negli anni, ormai lontana dalle luci della ribalta, ferma in ricordi che non hanno futuro. E forse, grazie alla fotografia, è davvero riuscita a tornare indietro nel tempo. Quel che è certo è che la sua vita è stata arte, e che dell’innamoramento per la propria immagine Virginia non si è mai vergognata.

Io, sono io

Pur ostentando una sconfinata arroganza e ben poca considerazione per le sue contemporanee – pare che alle donne non rivolgesse parola -, la Contessa si è conquistata il diritto di fare ciò che voleva, tanto da dichiarare:

«La cosa che amo di più al mondo è la mia libertà»

In questo, se non altro, c’è qualcosa che potremmo imparare da lei.

Potremmo lasciare da parte il terrore di essere giudicate frivole e ottuse e vivere finalmente come più ci aggrada, imparare a esprimere la nostra creatività senza temere il giudizio degli altri.

Essere noi stesse, e vantarcene.

 

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