di Elena Ciurli
Definire la nostra ospite in una qualche categoria è molto difficile: scrittrice, attrice, storica, traduttrice, donna d’arte.
Nella Storia si sente molto a suo agio e crea personaggi che vivono nel passato di varie epoche.
Giada Trebeschi, bolognese, classe 1973, è sempre pronta ad accettare nuove sfide, con arguzia, ironia e determinazione.
Abiti all’estero da molti anni: in sostanza che differenza c’è tra vivere di scrittura (e di arte tout court) in Germania e nel Belpaese?
Io abito in Germania ma scrivo in italiano e dunque è quasi sempre all’Italia che sono rivolti i miei lavori. Certo è che fare l’artista, che sia scrittore, attore, ballerino, pittore o altro, in Germania è considerato un lavoro. E così lo studio, la conoscenza e il talento vengono riconosciuti anche a livello finanziario.
Per esempio, in Germania gli autori che presentano i propri libri in una qualsiasi libreria percepiscono un gettone di presenza oltre a tutti i rimborsi per viaggio e alloggio. Per l’autore una presentazione è parte del suo lavoro, come per un cantautore il concerto e non si capisce perché troppo spesso in Italia non debba essere riconosciuto come tale.
Sei un’attrice professionista per il teatro e ho letto che utilizzi il metodo Stanislavskij anche per la creazione dei personaggi dei tuoi romanzi. Puoi spiegarci meglio?
Cerco sempre di rendere i miei personaggi tridimensionali e plausibili e le tecniche teatrali di studio del personaggio, come appunto il metodo Stanislavskij, applicate alla scrittura mi aiutano moltissimo.
Quando scrivo interpreto tutti i personaggi, cerco di essere loro, di entrare nella loro vita, nella loro psicologia, di sentire non solo i loro pensieri ma anche le emozioni che provano a seconda di quello che accade. Proprio come dovrei fare per calarmi nei panni di Medea o Giulietta a teatro.
Sei l’autrice della geniale “rubrica delle parole desuete”: una serie di video molto divertenti dove racconti con uno sketch il significato di termini ormai quasi obliati (vabbè insomma, dimenticati, mi ero fatta prendere la mano). Com’è nata questa idea?
Vivendo all’estero e avendo due figlie preadolescenti che imparano l’italiano solo da me mi è venuta l’idea di raccontare loro parole un po’ più difficili del solito con una breve scenetta che, grazie all’ironia, facesse restare loro più impressa la parola e il suo significato. Poi l’idea si è ampliata perché molti degli amici linguisti con cui mi sono confrontata hanno spesso risollevato la questione
dell’impoverimento del linguaggio delle nuove generazioni e così ho cominciato a creare e a postare questi video in una pagina dedicata che ha avuto molto successo.
Qual è la parola che odi e quella che ami di più?
Quella che odio di più è “censura”.
Quella che più amo “libertà”.
La storia è uno dei tuoi territori di ispirazione creativa. In che epoca avresti voluto vivere?
Forse in nessun’altra se non in questa perché la vita quotidiana (per non parlare della condizione femminile) era ben diversa da quella cui siamo abituati, basti pensare alle comodità d’avere l’acqua in casa o l’elettricità. Quello che mi piacerebbe fare è viaggare nel tempo, andare nella Roma di Augusto, nella Firenze medicea, nella Londra di Elisabetta I o alla corte di Luigi XIV; a dire il vero non ho esattamente un periodo preferito ma molti sono i luoghi e le epoche che mi interessano. Forse anche per questo le mie storie cambiano sempre ambientazione e periodo.
Progetti letterari per il futuro? Sogni che stanno prendendo forma?
L’anno prossimo uscirà un mio romanzo ambientato nella Sicilia di fine Seicento e attualmente sto lavorando alla ricerca per un altro romanzo che sarà ambientato sempre in Sicilia ma dopo l’Unità d’Italia.
Sogni che stanno prendendo forma beh, direi certamente il ritorno a teatro con “Lo spettacolo delle desuete”, uno spettacolo molto divertente il cui testo nasce proprio dalle suggestioni, dall’ironia e dai giochi linguistici della rubrica delle parole desuete. Stiamo organizzando il tour e speriamo di riuscire a portarlo in tutt’Italia.