di Elena Ciurli
Torna non puntuale la nostra rubrica delle Interviste Difettose. La prima ospite dell’anno è Cristiana Astori: scrittrice e traduttrice dal talento rock che non ha paura di descrivere il lato più oscuro dell’animo umano. Una Donna Difettosa che non si risparmia di fronte al lettore e scrive con grande onestà intellettuale.
È autrice per il Giallo Mondadori della trilogia: Tutto quel nero (2011), Tutto quel rosso (2012) e Tutto quel blu (2014). Storie che si nutrono dell’immaginario cinematografico horror per tenerti col fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Ha tradotto per Sonzogno e Mondadori autori del calibro di Douglas Preston, Richard Stark, Jeffery Deaver e Jeff Lindsay, facendo vivere in lingua italiana il mitico personaggio di Dexter Morgan, protagonista del ciclo di romanzi che ha ispirato l’omonima serie tv.
La sua antologia di racconti horror Il Re dei topi e altre favole oscure (Alacran, 2006, rist. Cordero 2015) ha ricevuto il personale apprezzamento di Joe R. Lansdale.
Il tuo amore per il genere horror è evidente: quando hai iniziato ad apprezzarlo e quali sono stati i personaggi, gli scrittori e i registi che ti hanno maggiormente influenzata?
Be’ diciamo che il genere mi ha appassionato fin da bambina, a partire dalle streghe del Mago di Oz e di Biancaneve, e alle fiabe in generale che amavo per il loro aspetto magico e oscuro, senza contare che quando leggevo Paperino facevo sempre il tifo per Amelia!
In seguito sono state molte le letture e le visioni che mi hanno affascinato, ma senza dubbio la scoperta di Stephen King in terza media è stata fondamentale per spingermi a scrivere storie. Insieme a lui sicuramente Edgar Allan Poe: anche se il primo non disdegna raccontare di mostri, entrambi hanno una concezione dell’horror più psicologica, legata alla paura del quotidiano e dei nostri fantasmi mentali, che sono il filone che ha poi ispirato la mia scrittura. Altri ispiratori sono Agatha Christie: ho letto tutti i suoi gialli, e adoro il modo che ha di riuscire a ingannarti fino alla fine, Raymond Chandler, per l’atmosfera malinconica e il fascino cinico ma romantico di Marlowe, il thriller psicologico di Joyce Carol Oates, e la capacità descrittiva ed empatica che ha Alessandro Manzoni nel descrivere i sui personaggi (non dimentichiamo che anche i Promessi Sposi contengono molti aspetti inquietanti derivati dai romanzi gotici dell’epoca), ma l’elenco sarebbe troppo lungo.
Idem se si parla di registi: per me il cinema è una fondamentale fonte di ispirazione, a pari merito con la letteratura: mi limito comunque a citare Dario Argento per il modo in cui riesce a mettere in scena il brivido, e John Carpenter, per la sua capacità di unire l’intrattenimento alla satira sociale. Senza dubbio poi le visioni di Lynch e quelle di Cronenberg hanno influenzato parecchio il mio immaginario.
Sei anche una brava traduttrice. Puoi raccontarci il tuo rapporto con Dexter Morgan, protagonista indimenticabile dei romanzi di Jeff Lindsay?
La serie di Dexter è senza dubbio quella che mi sono divertita maggiormente a tradurre: la bellezza del libro sta infatti nell’essere narrato in prima persona, e per essere fedele alla storia è necessaria un’operazione di immedesimazione nel punto di vista di questo simpatico serial killer. A volte mentre traducevo mi capitava di ridere da sola per le affermazioni folli con cui se ne veniva fuori, o per le situazioni a metà tra horror e grottesco.
Sembrerà incredibile, ma i libri di Lindsay sono ancora più cattivi della serie tv (che per esigenze commerciali è stata edulcorata) e leggere le gesta politicamente scorrette di Dexter è catartico, perché offre un modo intelligente di vedere in filigrana l’ipocrisia della società. Senza dubbio la “frequentazione letteraria” di Dexter ha influenzato la mia scrittura, e nelle mie storie, anche le più nere, non rinuncio all’arma dell’ironia.
La tua raccolta di racconti Il re dei topi e altre favole oscure (Alacran Edizioni, 2006), ha ricevuto l’apprezzamento del grandissimo Joe Lansdale, e credo proprio che tu lo meriti tutto. Le trame sono originali e molto forti, i personaggi scomodi e non stereotipati, i finali spiazzanti. Come sono nate le storie di questo Re oscuro che è dentro ognuno di noi?
In effetti l’apprezzamento di Lansdale per il mio libro mi emoziona ancora adesso: sicuramente non mi sarei aspettata che le mie storie avrebbero suscitato parole così lusinghiere da uno dei miei autori preferiti di sempre. Il re dei topi in realtà non è nato tutto insieme, si tratta di racconti che ho scritto nel corso del tempo, alcuni quando avevo vent’anni, altri più recenti, e che erano inizialmente stati scoperti e pubblicati da Andrea Carlo Cappi su M-Rivista del Mistero. Sono tutte storie nere, da cui emergeva la mia passione per le fiabe e per Stephen King: le mie preferite sono quella che dà il titolo alla raccolta Il re dei topi e che trovo ancora oggi agghiacciante perché denuncia una tematica forte come quella della violenza domestica; poi citerei anche L’abisso di Dora, un romanzo breve ambientato nel mondo delle grotte, cupo e avventuroso, che avevo scritto affascinata dalla mia esperienza di speleloga, ancora prima che uscisse il film The Descent.
Nella trilogia Tutto quel nero, 2011, Tutto quel rosso, 2012 e Tutto quel blu, 2014 (Il Giallo Mondadori), hai dato vita al personaggio di Susanna Marino. Com’è venuta al mondo e com’è cambiata nel tempo?
Susanna è venuta fuori per caso: quando ho scritto Tutto quel nero avevo pensato di creare una protagonista della stessa età in cui era morta l’attrice Soledad Miranda (27 anni), il cui nome avesse le sue stesse iniziali e che fosse una studentessa appassionata di cinema in quanto una misteriosa organizzazione la incaricherà di cercare un film maledetto in cui compare proprio tale attrice.
Non ho pensato nulla a tavolino, che la facesse apparire simpatica o accattivante, semplicemente mi sono limitata a descrivere una ragazza normale proiettata in un mondo di collezionisti senza scrupoli e di folli assassini. Non una detective scaltra e capace a sparare, ma semplicemente una qualunque che per mantenersi all’università in un’Italia in cui la disoccupazione è crescente è costretta ad accettare incarichi altamente rischiosi, forse mortali. I lettori si sono appassionati a questo personaggio, e ora che ho creato un’intera trilogia di sue avventure potrei dire che è quasi diventata la mia “Misery”… se non le fossi così affezionata, che mi viene ancora voglia di scrivere di lei per poterla ritrovare… un po’ come quando mi divertivo a tradurre le storie di Dexter.
In Tutto quel nero racconti la storia dell’attrice di horror erotici Soledad Miranda, morta nel 1970 a soli 27 anni in circostanze misteriose. Secondo le leggende metropolitane che giravano tra gli appassionati, pare che il documentario “Un dìa en Lisboa” contenesse un presagio della sua scomparsa. Come sei riuscita a trasformare queste dicerie in realtà?
Si sono verificate molte coincidenze legate alla mia scrittura di Tutto quel nero, come se in un certo senso Soledad Miranda, morta tragicamente in un incidente d’auto, spingesse per venire alla luce e per essere ricordata attraverso le mie pagine. Prima fra tutte, il documentario che contiene il presagio di tale incidente era sempre stato creduto una leggenda inventata dai fan o dallo stesso regista Jess Franco, e io, dopo parecchie ricerche, mi ero rassegnata a inventarlo per poterlo descrivere all’interno della storia. Poco prima della consegna del romanzo, all’improvviso, la misteriosa pellicola è venuta alla luce, grazie a Carlos Aguilar, un esperto critico di cinema madrileno, che avevo consultato per la stesura del libro.
L’input che gli avevo dato con le mie ricerche l’aveva portato ad avere un’acuta illuminazione e a rinvenire Un dìa en Lisboa alla Cineteca di Madrid. Appena informata di tale scoperta, ho preso il primo volo e mi sono precipitata a Madrid, e quando ho visionato per la prima volta il film, mi sono accorta che coincideva esattamente con la descrizione che avevo immaginato tempo prima nel romanzo…
Donne horror: qual è la situazione attuale per le scrittrici italiane? L’immaginario horror, secondo te, è ancora legato più al genere maschile?
In realtà non ho mai creduto al preconcetto che l’horror non fosse un genere congeniale alle donne, senza contare che quella notte del 1816 a Villa Diodati c’erano fior fiori di scrittori, da Shelley a Lord Byron, ma l’unica a venirsene fuori con un romanzo compiuto e con un personaggio che è andato al di là della sua epoca è stata proprio Mary Shelley. Insomma, non sento sulla mia persona pregiudizi legati al genere, oltre al fatto che statisticamente una grande percentuale dei miei lettori sono uomini, pur trattandosi di romanzi scritti da una donna e con una donna protagonista… dunque, non mi posso lamentare!
Progetti futuri: cosa nascondi in cantina?
Più che sepolta in cantina, diciamo che la mia nuova creatura è ora chiusa in garage, visto che non manca molto al momento in cui verrà alla luce: il prossimo romanzo uscirà infatti ai primi di marzo, e si tratterà di una nuova storia di Susanna Marino.
Non posso anticipare altro, a parte il fatto che non sarà più ambientata in Italia ma la nostra cercatrice di pellicole verrà suo malgrado inviata in missione in una misteriosa città europea…
Grazie Cristiana per averci raccontato di te, del tuo lavoro, delle tue passioni.
Non vediamo l’ora di leggere le nuove avventure di Susanna!