di Alice Scuderi
Siamo al giorno millemila di clausura forzata. Ormai quello che era partito come un consiglio, è diventato prima un mantra e poi un ordine perentorio, che insieme alla paura del terribile virus sta generando nuove forme di violenza da balcone (la gente che ti sputa dalla finestra se ti vede andare al cassonetto, il mirino del fucile puntato se ti avvicini alla tua auto e non hai la mascherina).
Il governo ci invita a stare a casa per evitare di diffondere un contagio che è già arrivato sui nostri zerbini. Stare a casa è bello, si possono fare un sacco di cose: leggere, scrivere, dipingere, sistemare i mobili, quella parete da decorare che continuavamo a rimandare, il decoupage, le serie tv – finalmente ci si può godere Netflix – e quella torta complicata che era una vita che volevo fare! La fotografia d’interni, le pulizie di fino, tirare fuori i
vecchi giochi in scatola, studiare per un concorso, dormire fino alle 12, fare yoga sul tappeto, giocare con i gatti, farsi un bagno con i sali, tagliarsi le unghie dei piedi, mettere lo smalto, togliere lo smalto smangiucchiato, farsi l’hennè, chiamare un vecchio amico, videochiamare i nonni, scrivere una lunga mail, scrivere tante lunghe mail e potrei continuare.
Eppure tu, madre che sei a casa a badare ai figli le cui scuole sono chiuse (vedi contagio di cui sopra) e che hai un marito che lavora per uno dei pochissimi settori professionali che non si fermeranno per la pandemia; tu, creatura votata al sacrificio, sei sola. Niente nonni, niente amici , non puoi vedere nessuno al di fuori del tuo riflesso sempre più flaccido e spento nello specchio. Tutte quelle belle attività, gli hobbies che aspettavi di tirare fuori dal cassetto, rimarranno lì, sepolti da pannolini, didò secco, tempere, pasta di sale, bolle di sapone, libri della Pimpa e cibo finto di dimensioni anormali.
Le tue giornate si snoderanno fra pulizie, cucina, e giochi per stimolare la fantasia del tuo piccolo despota, perché la mancanza dell’asilo non è solo una ferita aperta che pulsa sul tuo cuore, ma hai paura – tra le tante – che rimanendo senza le brillanti attività didattiche, potrà mancare qualcosa di essenziale a tuo figlio. E allora ti barcameni fra innumerevoli blog di mamme migliori di te che sembrano avere una riserva infinita di cose da fare alla portata dei bimbi di tutte le età – e tu, perché non sei in grado di inventarti niente? Che madre sei? E se i tuoi figli sono in età scolare, allora eccoti immersa in pagine da studiare, equazioni da risolvere, randellate da dare sulle ginocchia per farli staccare dai cellulari e ricordargli che, seppur non sembri, sapere chi fosse Vercingetorige un giorno gli cambierà la vita. Però i figli adolescenti e pre – almeno si spera – vanno in bagno da soli, mangiano senza troppa difficoltà e se gli chiedi gentilmente di lasciarti 5 minuti per leggere un libro mentre sei in bagno, sono per lo più propensi a farlo.
Ma tu, madre di pargoli ancora piccini però già mobili, diciamo dai 18 mesi ai 4 anni (anche 5 se proprio va male), tu sei la più reietta di tutte le creature: tu DEVI essere felice di goderti il tempo con tuo figlio, tu DEVI dedicarti al 100% a lui, tu DEVI avere pazienza perché è una situazione difficile per LUI, tu DEVI essere premurosa con tuo marito che continua ad andare a lavorare nonostante la quarantena, tu DEVI inventarti mille attività per il tuo bimbo e non fargli mancare nulla, tu DEVI trovare il tempo per te nei ritagli, tu NON ti devi lamentare – in fondo il figlio l’hai voluto e ora che fai, c’hai da ridire pure? – tu NON devi abbatterti, tu NON devi arrabbiarti, tu NON devi urlare, tu NON devi sfogarti – di cosa poi? – tu NON devi essere nervosa, tu NON devi essere triste – con tutto quello che sta succedendo, hai il coraggio di provare anche solo per un secondo, un senso di sconforto per la tua situazione? Ma non ti vergogni? – ecco, dimenticavo, ti DEVI vergognare di provare angoscia per te stessa, o sentirti frustrata. Ricordati, sei madre perché lo hai scelto, quindi ti DEVI fare carico di tutte le responsabilità che comporta, e cioè… e basta!
Sei un essere umano, non un fantoccio da crash test, non una bambola (“se le schiacci la mano, fa anche il verso del cane!”), non una pubblicità o un androide. Hai dei limiti e delle debolezze che, con immensi sforzi, cerchi di vincere continuamente, ma questo è un tempo strano, pesante come cemento, che si è appoggiato su tutti noi e ci comprime il petto. C’è la paura generale, la paura per la tua famiglia, c’è l’immobilità, i giorni tutti uguali, i divieti, la solitudine forzata, l’angoscia per il futuro, l’incertezza, e tutta questa amalgama tossica ci sconvolge e ci cambia. Facciamo finta di niente, ridiamo delle battute su Facebook, ci mandiamo meme e gif sul virus, e pubblichiamo foto naif su Instagram, e per un attimo è vero, sorridiamo, ma poi davanti allo specchio cominciamo a non riconoscerci più. Ed è vero per te madre, così vero che ti confronti continuamente con te stessa per cercare somiglianze, per rimettere i piedi su un terreno solido, conosciuto, ma ora come ora c’è solo sabbia. Ti è rimasta solo la notte per riprenderti un attimo, di tempo, di te stessa, per riflettere, senza canzoni dello Zecchino d’oro in sottofondo, su ciò che sta accadendo e cercare di elaborarlo. Non hai le scappatoie che hanno gli altri, non hai la stessa libertà di goderti il tempo fermo di questi giorni, per tua scelta, certo, ma le scelte non devono trasformarsi in condanne. Quindi non ti puntare il dito contro e non lasciare che te lo puntino gli altri: essere madre vuol dire anche provare ogni tanto la pesantezza di questo ruolo, così totalizzante da toglierti qualche volta il fiato. È come buttarsi con il bungee-jumping: nello strappo dell’elastico una parte di te rimane in alto, come un fotogramma, mentre il resto è già andato giù e tornato indietro. Non ti vergognare se ti sei rotta le palle di tagliare cartoncini, spalmare tempere, annegare la noia nella dannata porporina, ascoltare le solite tre canzoni Disney a ripetizione per quattro ore consecutive. È del tutto normale, è per questo che Dio, dopo l’uomo e la donna ha creato gli asili nido e le maestre! Piangi sul cuscino, se ti fa sentire meglio, dormi appena puoi, manda vocali su Whatsapp alle tue amiche, ti ascolteranno e forse ti aiuteranno a guardare le cose sotto una luce meno drammatica, ma non sminuiranno mai quello che senti. Pensa che siamo in tante a provare le stesse stronze emozioni. Mai come oggi, condividere significa sentirsi meno sole e anche meno sbagliate.
E ricordati: un po’ di cartoni non hanno mai ammazzato nessuno, e la tua sopravvivenza è fondamentale. Pensa: meglio fargli vedere un’ora in più di cartoni o lasciarlo senza madre?
Non rispondere, prendi il telecomando.