Pubblicato in: Attualità al femminile, Interviste difettose

Narrazioni digitali: la storia della business writer Luisa Carrada

di Elena Ciurli

Torna non puntuale l’appuntamento con le nostre Interviste Difettose.

La protagonista di questa storia è Luisa Carrada: business writer e alchimista delle parole nel mondo digitale e non solo.

Autrice di libri fondamentali per chi desidera intraprendere il mestiere del copywriter e del web writer, è insegnante, libera professionista e ogni giorno cerca di dare un tono di voce riconoscibile ai brand e alle aziende italiane.

Ci ha regalato talismani preziosi e consigli professionali molto importanti.

Semplifico le scritture complicate, rianimo quelle esauste, ne produco di chiare, vivide e naturali.
E insegno anche come si fa.

Luisa Carrada

Siamo felicissime di accoglierla nel nostro spazio.

Partiamo dal nostro payoff, o slogan, per dirla alla vecchia maniera. “Perché una donna dovrebbe scrivere una cosa del genere?”. 
Ti è mai capitato nel corso della tua carriera di ricevere richieste di scrittura al femminile? Purtroppo è evidente che oggi in Italia esistano ancora scritture di genere, almeno in alcuni settori. Cosa ne pensi?

Per rispondere ci devo proprio pensare: vuol dire che no, non ho mai ricevuto richieste del genere, altrimenti me ne ricorderei. Anzi, l’espressione “al femminile” mi fa venire l’orticaria e francamente non saprei nemmeno definirla. Da ragazzina sono stata molto affascinata dalla diversità e dal contributo delle donne nella letteratura e nelle arti visive, e mi ci sono dedicata anche nei miei studi universitari, ma non avrei mai definito “al femminile” un romanzo di Virginia Woolf o un quadro di Sonia Delaunay. Erano terribilmente forti e interessanti, e basta.
Quando sono entrata nel mondo del lavoro, il tema non mi ha quasi più sfiorata. Credo che nella scrittura e nello stile ─ anche nella scrittura professionale, che è il mio campo ─ ogni persona porti la sua personalità e il suo vissuto, le sue aspirazioni e le sue paure, e che il suo genere c’entri poco.

Momento flashback: come nasce Luisa Carrada in versione business writer? Raccontaci la tua storia.

Nasce molto casualmente. All’università ho fatto studi storico-artistici e del business writing non avevo proprio idea. Ho scoperto che scrivere mi piaceva e mi riusciva abbastanza tardi, dopo la laurea. Fu una sorpresa prima di tutto per me. Pensai che la comunicazione aziendale potesse essere un settore interessato a queste competenze, e in più fosse capace di darmi uno stipendio a fine mese. Così tutto è cominciato e il resto è venuto da sé, sull’onda degli enormi cambiamenti che hanno trasformato la comunicazione negli ultimi tre decenni, senza alcuna pianificazione, solo seguendo la corrente: il sito, il blog, gli otto libri, la libera professione che esercito ormai da tanti anni. Se c’è un filo rosso in tutto questo, credo sia la mia curiosità e il mio gusto nella scoperta e nello studio. Essere un’eterna studentessa è una condizione che continua a piacermi moltissimo.

I talismani come superpoteri: ne hai parlato nel 2022 a Playcopy, uno degli eventi italiani più importanti per il settore del business writing. L’immaginario simbolico che hai evocato con esempi pratici mi ha molto colpita. Anche nella narrativa gli oggetti sono uno strumento importante per ogni scrittore, e spesso sono elementi chiave per il viaggio dell’eroe in ogni buona storia. Puoi spiegare meglio di cosa si tratta?

Pur essendo una lettrice appassionata di narrativa, non sono una narratologa, quindi lascio ad altri disquisire sul viaggio dell’eroe. Però credo che anche una business writer sia una piccola eroina che si avventura verso l’ignoto e non sa mai come andrà a finire. Possiamo aver studiato a menadito i migliori manuali, ma regole certe e garantite non ne abbiamo: ogni testo è frutto di una infinita molteplicità e combinazione di scelte, che stanno solo a noi. Quindi di talismani abbiamo bisogno, e io ho i miei. Li lucido spesso e li tiro fuori quando servono: sono rituali, passaggi, ma soprattutto insegnamenti ricevuti dai tantissimi maestri e maestre che ho incontrato negli anni attraverso i loro libri. Ci sono concetti illuminanti che mi hanno aperto mondi che poi ho esplorato per conto mio. Quando ne sento il bisogno, ne richiamo uno e riapro la porta delle possibilità.

Quali sono per te i libri fondamentali per un copywriter con l’anima?

Sceglierne tre mi mette proprio in crisi: di libri fondamentali ne avrei molti di più. Ma se penso alla mia anima, direi prima di tutto Le vie del senso di Annamaria Testa nella sua versione più recente, che considera le ultime evoluzioni del rapporto tra parole e immagini. Dopo aver letto una frase semplice come “Le parole sono porose” vedi ogni parola imbibirsi di tutto quello che sta dentro e intorno al testo.
Al secondo posto metterei The Sense of Style di Steven Pinker, un vero mattone se confrontato con l’esilità e leggerezza del libro della Testa. Però è un mattone con delle perle assolute, che hanno cambiato per sempre il mio modo di leggere e costruire i testi. Se oggi so come ascoltare e modularne la voce, se ne so cogliere la “vividezza”, lo devo al professor Pinker.
E infine aggiungo Writing Tools di Roy Peter Clark, grandissimo docente americano di scrittura giornalistica. Gli “attrezzi” sono ben 50 ed è con loro che ho apprestato il mio bancone da lavoro. Se i talismani sono il soccorso dei momenti difficili, gli attrezzi sono la quotidianità.

L’intelligenza artificiale non è il male assoluto e moltissimi web writer ne fanno uso per velocizzare il processo di scrittura dei loro testi. Credo che utilizzare strumenti come ChatGPT sia solo un modo diverso e comodo di fare ricerche, reperire fonti (da verificare poi rigorosamente): è solo il punto di partenza per la creazione di un buon testo. Qual è il tuo rapporto con l’AI? 

È un ottimo rapporto. Mi ha incuriosita da subito e ci ho smanettato parecchio, aiutata anche da buoni corsi. Credo che ci aiuterà enormemente a semplificare e produrre documenti con una struttura ripetitiva. Io ho fatto i miei esperimenti su parecchi testi di amministrazioni pubbliche, con un discreto successo. Mi ci diverto anche. Però non riesco a farmi scrivere qualcosa di almeno passabile quando cerco creatività e originalità. Ma non sarà che sotto sotto boicotto l’AI perché non voglio che mi tolga il brivido dell’ignoto, l’ansia di non farcela, il piacere di forgiare un testo che funziona in ogni sua parte perché io e solo io ne ho progettato e costruito il meccanismo? Tutte cose che danno sapore e senso al mio lavoro.
Comunque, per tirar fuori il meglio dall’AI nel nostro campo della scrittura dobbiamo essere altissimamente brave e consapevoli. Tutto il contrario dell’abbassare la guardia, tanto qualcuno ci pensa per noi. Solo così riusciremo a “incalzarla” come si deve e a portarla proprio lì, dove vogliamo noi.

Chiudiamo col tuo payoff: scrivici il tuo mantra.

Pratica, pratica, pratica. E ancora pratica.

 

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