Rabbia. Quante di voi l’hanno provata nei confronti dei propri figli? Non figli adolescenti, con loro la rabbia è giustificata e socialmente accettata. Parlo di bambini piccoli, quelli che fanno facce buffe nelle pubblicità dei pannolini e strappano sorrisi anche ai più refrattari. Sì, proprio quei paciocchini teneroni.
Ecco che arriva il tabù. Posso quasi vedere l’orrore cominciare a dipingersi sul volto delle mamme incappate (forse per caso) in questa rubrica, pensando magari di trovarci qualche consiglio su come togliere le macchie di cacca dai body intimi.
Anche la rabbia macchia, ma non c’è Omino Bianco che riesca a rimuoverla.
Si dice che i panni sporchi vadano lavati in casa, ma da quando sono madre ho imparato che confrontarmi con gli altri esemplari della mia specie non solo è utile da un punto di vista prettamente pratico, ma è un toccasana per l’anima.
Quindi sono qui per confessare, con cuore limpido e senso di colpa indistruttibile, che io mi arrabbio con mia figlia. Sì, urlo come una pazza, e se mi guardassi allo specchio, nell’esatto istante dell’urlo, urlerei ancora di più, per lo spavento.
Ho una figlia di 15 mesi, esuberante, molto curiosa, che ama cacciarsi nei guai e fare tutto ciò che sa essere proibito, ci prova un gusto straordinario, tutto scritto nei suoi occhi enormi color della pioggia. La amo, come non penso di aver mai amato nessuno, nemmeno me stessa, ma è indubbio che la sua nascita mi ha messo di fronte a un lato di me che non pensavo di avere, un lato grigio.
Tutti pensiamo che i figli tireranno fuori il meglio di noi, ed è vero, ma tanti di noi sono cassetti disordinati, e quando prendi il bellissimo maglione che ti eri dimenticata di avere, sepolto sotto una montagna di roba, può capitare che venga fuori anche l’orrida maglietta trash con le paillette che non sapevi di aver comprato.
Così è successo con mia figlia. Sto diventando migliore grazie a lei, piano piano le banalità che mi affliggevano prima del suo arrivo cominciano a sbiadire sullo sfondo, sto imparando a guardare alla vita con altri occhi, ma sono anche entrata in conflitto con un alter ego che non pensavo esistesse: la nevrotica.
La maggior parte dei giorni fila tutto liscio, altri invece capita che i suoi capricci, le lagne, la sistematica noncuranza per i divieti, mi scavino dentro fino a far emergere la belva, che prorompe con un urlo selvatico e maniere brusche. Lo sfogo è istantaneo, la soddisfazione effimera, perché nell’istante successivo vengo immediatamente assalita da un senso di colpa così forte da atterrarmi.
E probabilmente sarebbe diventato un circolo vizioso perverso se un giorno non mi fossi confidata con una cara amica, madre di due figlie meravigliose. È successo dopo un piccolo finimondo, una delle mie scene da nevrotica e, orrore degli orrori, davanti ai miei suoceri: mia figlia era particolarmente vivace quella sera e io l’avevo presa in braccio per calmarla un po’, ma non si fermava un attimo nemmeno così. Nel tentativo ostinato di afferrare il telecomando che avevo in mano e che le negavo, me lo tirò in faccia, provocandomi un discreto dolore. E secondo voi, cosa può aver fatto il mio alter ego sclerato?
Riacciuffai il telecomando e, con un grido disumano, lo scagliai contro il muro, mandandolo in frantumi. Tutto sotto gli occhi inorriditi di mia suocera. E fu più questo, e il silenzio ammutolito di mio marito, a sconvolgermi, non le lacrime di mia figlia, che durarono giusto un battito di ciglia, quel tanto che serviva per procurarsi coccole in più dalla nonna. Fu il biasimo che filtrava dalla loro pelle, il senso di estraneità, quasi alienazione, a mandarmi al tappeto. Per fortuna mi confidai con la mia amica. La sua reazione mi sorprese: mi disse che le veniva quasi da ridere immaginando la scena, avrebbe voluto vederla!
Ed ecco che la tensione si sciolse… mi disse che anche a lei era capitato di urlare violentemente, ricordandomi che essere madri non vuol dire diventare improvvisamente robot privi di emozioni. Siamo umane, imperfette, e di certo non possiamo sentirci delle nullità solo perché qualche volta cediamo, perdiamo il controllo. Anche perché, diciamoci la verità, qualche grido non ha mai ucciso nessuno. Bisogna dare il giusto peso alle cose: io sto imparando a gestire questo mio impulso, anche se non sempre ci riesco e so che urlare non può e non deve essere la regola comunicativa con i bambini; d’altra parte non mi dimentico di essere difettosa per natura, e cerco così di non umiliarmi troppo quando sbaglio. Perché non sono sola, nessuna di voi che sta leggendo e che, forse, si è trovata nella mia stessa situazione, lo è. Ricordatevelo!
Anche mia figlia grida forte quando non le facciamo fare o le togliamo di mano qualcosa; mia suocera, con una lieve nota sarcastica, dice che non poteva fare altrimenti (a cosa si riferirà secondo voi?). Forse è così, forse sono bastate quelle poche volte su 15 mesi di vita che ho alzato la voce con lei, per farglielo imparare, ma se così fosse potrei davvero essere felice: perché in questo tempo, oltre agli urli, mia figlia ha ricevuto milioni di abbracci, baci, cure amorevoli, attenzioni, risate.
Se imparerà tutto questo, magari diventerà una bella persona, un po’ nevrotica, certo, ma bella.
E chi oggigiorno può dirsi privo di nevrosi? Quale madre?
Se qualcuna c’è, scagli… il primo telecomando.