Pubblicato in: Madri snaturate

Da domani si cambia parco

di Alice Scuderi

È così che tutti ci immaginiamo un pomeriggio al parco: quiete, un libro, la natura che si dispiega intorno a noi con la sua bellezza:

E invece no. Il parco è un luogo pericoloso e selvaggio, abitato da creature non addomesticabili. Dove è facile farsi male, in tutti i sensi.

Il parco non è una semplice area di intrattenimento, è dove madri e figli si ritrovano, una zona ad alta tensione, un confine caldo, in cui attraverso sottili strategie comportamentali si disvelano i meccanismi della moderna maternità. Tarapiatapiocacomefosseantani? Insomma, è al parco che capisci che razza di madre sei.

Se ti sei trasferita in una regione e in una città diverse da quelle in cui sei nata e cresciuta, è al parco che la tua estraneità, la tua immigranza brillano come il viso della D’Urso in prima serata su Canale 5. Le Madri-Alfa, che gestiscono il territorio di cui detengono il potere da generazioni come il clan dei Plantageneto, non mostrano livree sgargianti, ma piuttosto si mimetizzano.

Le riconosci perché stanno in gruppi abbastanza numerosi e salutano tutti quelli che entrano nel loro dominio, pardon, nel parco. Persino te, che nonostante fai di tutto per camuffarti, porti addosso i segni della tua diversità.

Ma loro sono madri generose, in fondo tuo figlio va a scuola con i loro.  La prima volta fai l’errore di avvicinarti: sembrano innocue, addirittura socievoli, con i loro vestiti poco appariscenti, l’atteggiamento informale, con un po’ di ingenuità pensi che siete simili dopotutto.

Saluti, provi a scambiare due convenevoli, ma loro ti rispondono a monosillabi. All’inizio ci rimani male, perché, come si dice, nessun essere umano è un’isola e tutti siamo irrimediabilmente attratti dall’idea di far parte di un gruppo.

Ma poi pensi: ma davvero me ne frega qualcosa? Davvero essere madre di un umano in miniatura mi obbliga a entrare in un club che non ha niente di prestigioso? Probabilmente così rimarrai fuori da tutti i circuiti sociali, più di quanto tu non lo sia ora, visto che da quando sei madre hai seppellito la tua socialità sotto montagne di pannolini smerdati, pappe e discorsi sulle migliori creme per curare il rossore al culetto.

Va bene, fanculo ti dici, me ne starò sola soletta, ora che tuo figlio ha l’età per lanciarsi in giochi solitari o con compagni di scuola, puoi anche pensare di sederti su una panchina e senza perderlo di vista, lasciare che la tua mente si rilassi…

Poi però tuo figlio, con estrema grazia, ti chiama dall’altra parte del parco.

I tuoi 5 secondi di pace giornaliera sono già finiti. Vuole farti vedere una cosa, vuole una spinta sull’altalena, vuole bere. Ti alzi con la rassegnazione atavica che le donne portano scritta nel loro DNA mitocondriale e vai verso la tua creatura bisognosa. Che però non è sola. Ha scelto come compagnia un essere del tutto simile, come sembianze, età, bisogni e rotture di palle in genere, con una differenza sostanziale (e letale): quell’altro bambino non è tuo, e appartiene al genere figliodimadremifaccioicazzimiei.

Ne esiste almeno un esemplare in tutti i parchi cittadini, da nord a sud, il suo areale di distribuzione è vasto e di solito fa parte del gruppo delle Madri-Alfa. Basta poco per riconoscerla: dopo il tuo primo ingenuo approccio e la sua indifferenza, la vedrai sedersi e farsi i cazzi suoi, appunto, lasciando la prole a scorrazzare nel parco senza alcun controllo.

Il che fondamentalmente sarebbe un problema SUO, senonché la suddetta figlianza anarchica sceglie proprio te come obiettivo, la madre solitaria e indifesa come un cucciolo di foca in mezzo all’oceano.

Così le rotture di palle di tuo figlio si moltiplicano: adesso anche gli altri che ti si sono appioppati hanno bisogno che gli soffi il naso, che gli reggi la giacca, che li accompagni a far pipì, vogliono andare sul fiume, vogliono correre sulla pista, bla bla bla…

Ma se ti fossi voluta occupare di più figlioli, avresti fatto la maestra d’asilo oppure saresti diventata mormone, no? E mentre il panino di tuo figlio viene depredato da questi senzamadre, mentre gli pulisci il naso che cola o li sollevi, con conseguente ernia al disco, per metterli sulla casetta di legno, ti volti e lei è là, serena come l’immagine di un guru mentre fuma la sua sigaretta in compagnia, i bambini che non le si avvicinano nemmeno come respinti da uno scudo di energia.

Ehi ehi mammadiandrea?! Mi fai salire sullo scivolo?

No, chiedi a tua madre.

Come disse una saggia una volta: “Ognuno si scocuzzi i figli suoi” (dal Vangelo secondo me).

E da domani si cambia parco.

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