Pubblicato in: Letture Incolte

Riprendiamoci il linguaggio: Smettetela di farci la festa

di Beatrice Galluzzi

Inutile ribadire quanto quello che ci siamo lasciate alle spalle sia un anno particolarmente disgraziato, soprattutto per noi donne, e quanto sia frustrante che nemmeno le battaglie superate vengano riconosciute come lecitamente vinte. Non è questo il momento di abbassare la guardia, semmai è quello di stringerci in una sorellanza inclusiva, senza abbatterci, ma parlando il più possibile, creando una rete di ascolto, di aiuto e di divulgazione.

E in questo riesce egregiamente Stefania Spanò, in arte Anarkikka, autrice, vignettista, illustratrice, femminista, che è appena uscita in libreria con Smettetela di farci la festa (People, 2021), un libro che racchiude magnifiche illustrazioni e giochi di parole del quale Anarkikka è maestra – come dimostra il titolo –  e affronta il tema delle discriminazioni di genere mettendo il focus sul linguaggio. Perché è proprio il linguaggio a essere veicolo della narrazione deviante perpetrata dai mezzi di comunicazione; complice di una sopraffazione ormai interiorizzata dalla quale – persino molte donne – fanno fatica a svincolarsi.

Proprio in questi giorni cʼè stata una disquisizione sullʼuso della declinazione al femminile di “direttore dʼorchestra” e Anarkikka ha risposto prontamente con una delle sue vignette:

Allʼinterno di Smettetela di farci la festa troverete molte altre illustrazione come questa, affiancate a frasi che ribaltano lʼuso e lʼabuso che i media fanno del linguaggio, schegge fossilizzate di stereotipi che lʼautrice elabora con padronanza e rimanda indietro al mittente, più affilate di prima. Quella di Anarkikka è una campagna stabile contro vecchi e i nuovi cliché che si susseguono a velocità vertiginosa nei social, andando di pari passo alle notizie. Un’abitudine tristemente in voga in questo momento storico è quella che pone lʼomicida, colui che uccide moglie e figli, nella posizione anche di vittima. “La narrazione di questi crimini è spesso tossica: si parla di «dramma dei papà separati», di padri che «amavano troppo e non potevano vivere senza di loro». Ancora una volta la violenza degli uomini viene giustificata dalle parole che la raccontano.” Per non parlare della quarantena come alibi per giustificare il “raptus“.

A incastonare le decine di vignette, in Smettetela di farci la festa cʼè una cornice sconvolgente, fatta di dati, statistiche, riflessioni sul tema della violenza e degli abusi, che ci ricorda che “La violenza contro le donne non ha confini: si esprime in varie forme e a tutte le latitudini grazie a leggi, consuetudini, norme religiose, regole non scritte, pregiudizi palesemente sessisti, discriminatori, oppressivi.” Ma sono tantissime le sfaccettature della stessa medaglia che analizza Anarkikka – come lʼaborto, la violenza assistita, il pluralismo religioso, lo stupro – e lo fa con una satira tagliente, raffinata e a tratti ironica, come nelle vignette che hanno come protagonista Maria.

Ogni pagina di questo libro è un prezioso passo in avanti verso la consapevolezza e la parità di genere, e per questo ci sentiamo di ringraziare Anarkikka per il suo lavoro: è grazie a persone come lei che continuiamo a sentirci legate l’una all’altra, indignandoci senza cedere allo sconforto. Come dice Giulia Siviero nell’introduzione a Smettetela di farci la festa: “Il femminismo è una festa, la più luminosa che abbia mai vissuto. Ma è anche una pratica faticosa e in qualche caso dolorosa, dobbiamo dircelo.”

PERIODO ADATTO PER LEGGERE “SMETTETELA DI FARCI LA FESTA”

Non cʼè 8 marzo che tenga, questo è un libro valido ogni giorno dellʼanno e fondamentale, anche grazie allʼimmediata fruizione delle sue vignette. Tenetelo sempre a portata di mano sulla scrivania, sul comodino, e apritelo, di tanto in tanto, per ritrovare la spinta che a volte viene meno per la stanchezza e il disamore. È forse questo che vogliono da noi: la rinuncia? Ebbene, oggi più che mai non gliela daremo.

COLONNA SONORA ADATTA ALLA LETTURA

In Smettetela ci farci la festa ci sono la grinta e la schiettezza di Tori Amos, per questo vi consigliamo di leggerlo mentre ascoltate il primo album della cantante, Little Earthquakes, in particolare la canzone Crucify: “I’ve been raising up my hands, Drive another nail in, Just what God needs, One more victim.” (Ho alzato le mie mani, Piantate un altro chiodo, Proprio ciò di cui Dio ha bisogno, Ancora un’altra vittima.)

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