di Jessica Loddo
1. Riassetto del guardaroba: come evitare uno sterminio di stampe innocenti con una sistemazione atta a proteggere un certo decoro nel costume
Le magliette sistemate secondo una strana sequenza, come se l’immagine di due sicari con la pistola, citazione del più famoso film uscito nel 1994, dove il personaggio femminile con il caschetto nero più sexy del cinema americano ha incendiato i pantaloni di mezzo mondo, non potesse accostarsi minimamente a quella di una banana pop art, copertina di uno dei vinili più famosi di sempre, nello stesso cassetto. Come se i sicari avessero la lebbra del cotone o una strana HIV da contagio a 30° presa nella lavatrice, magari infettati dalla maglia del regista contemporaneo danese più importante del cinema moderno o che ha diretto quel film dove alla fine Nicole Kidman si vendica alla grande. Qualcuno lo diceva di non fidarsi di quell’uomo, che è proprio un brutto ceffo ed è persona non gradita al festival di cinema più famoso in Francia. Potrebbe anche esser stata la maglia di quel regista tedesco, dalla voce più bella di sempre che quando lo senti doppiato ci resti male, ad aver sganciato qualche bomba batteriologica, tipo il vaiolo del misto poliestere proprio al passaggio dei sicari, quando comincia a venir giù l’ammorbidente, rigorosamente blu, con una profumazione sobria che non fa venire la nausea. Con questo pericolo dipropagazione di virus sconosciuti proprio non possono stare vicini. Loro no, ma per uno strano caso della vita, un famoso tassista dalla cresta perfetta riesce a convivere alla perfezione con la bambina simbolo del più celebre film sui morti viventi.
2. Funzionamento della lavabiancheria: educazione sessuale per indumenti e pillole per evitare gestazioni indesiderate
La lavatrice, un’ora e dieci di pura promiscuità, coagulo di accoppiamenti malati, a volte non riusciti, come quando il maglione rosso con il coccodrillo tenta in tutti i modi un approccio con la canotta bianca e fallisce, senza dare vita a creazioni embrionali dal dubbio colore. Nessun liquido seminale rosaceo riesce a fecondare la grande tela, castamente vergine, della biancheria intima. L’acchiappacolore in comodissimi foglietti pronti da gettare nella mischia del bucato è l’anticoncezionale perfetto per evitare brutte sorprese e vestiti abortiti, gettati via come rifiuti , o anche nel fondo buio dell’armadio, per finire nell’oblio degli indumenti dimenticati. A volte invece riusciti ma furtivi, quando i calzoni neri flirtano e poi raggiungono la casa base con il cardigan dello stesso colore e nessun concepimento di ibridi sintetici, solo puro piacere con l’arrivo della centrifuga. Per poi incontrarsi nuovamente al prossimo lavaggio o nel prossimo abbinamento. Le intere manovre effettuate sotto l’efficientissima supervisione dell’acqua. Non un grado di più, non uno di meno. Trenta, sempre e solo trenta. Quaranta già è un problema, paura di un ammutinamento di massa di lana e derivati, da ritrovare rimpiccioliti come fossero destinati ad un destino diverso, vestire qualche sconosciuto, sfacciati nello sbatterci in faccia il loro scisma dopo anni di fedeltà incondizionata. Con la consapevolezza che la vita è troppo breve per perdersi in percorsi accidentali e intraprendere la strada senza ritorno di un programma nuovo. Ad operazione ultimata, tutti appesi con mollette dello stesso colore.

3. Piccolo appunto pt.1
La collocazione della biancheria intima: come il piede resta la parte più dibattuta del corpo umano
Mutande e calzini divisi per stagione, colore, materiale. I calzini corti separati da tutti gli altri e i calzini che coprono solo il piede, in una scatola lontana da tutta l’altra biancheria. Anche i calzini nemici giurati tra di loro, la fazione dei fantasmini in perenne lotta con l’armata delle calze al ginocchio. Sentimenti di disgusto fuoriescono dalle loro trincee, odio e rancore per la battaglia eterna per il predominio sul piede. Voglia di egemonia feticista sulla parte più controversa degli arti inferiori. E ogni mattina, il terreno è fertile per lo scontro.
4. Come ordinare suppellettili e dispositivi tecnologici: computer, mensole e sistema nervoso centrale non sono poi così diversi
Contenitori di ogni forma per ogni oggetto nella casa, allontanati da qualsiasi contatto con altri simili, come se il profumo e il deodorante si detestassero al punto di non poter stare sullo stesso ripiano, o semplicemente tramassero una congiura allergica alle ascelle. Il più blando dei disinfettanti lontano dall’alcool etilico denaturato, perché la disparità di interessi è notoria quando si tratta di medicare piccole ferite. Il tetano è dietro l’angolo e lo stafilococco aureo pure. Sciarpe e cappelli divisi da un cassetto, alleati nel freddo ma antagonisti nel film “How I storage my wardrobe”, pellicola di culto tra gli ossessivi compulsivi. Pura e precisa chirurgia domestica. Le cartelle del computer elencate con data e maiuscole al punto giusto, quasi come fossero quelle di un database governativo. Le canzoni divise per nazionalità e genere. Le discografie divise e tenute lontano l’una dall’altra. Perché le band inglesi degli anni ottanta non potrebbero mai andare d’accordo con le band americane dei primi novanta. Blasfemia musicale trovare Moz e Kurt nello stesso posto, nello stesso momento. Le cartelle con i nomi delle canzoni, per identificare un intero mondo. Le foto divise per anno. Perché ogni anno racchiude un universo di emozioni. Un archivio umano di facce che nell’anno successivo non compaiono più e non sarebbero più ricomparse. Mai.
5. Piccolo appunto pt.2
Panoramica generale sul funzionamento dei riti di detersione corporei
Dentifricio e spazzolino da un lato, collutorio al lato opposto del lavandino, pronti a lanciarsi occhiatacce per chi riesce meglio a combattere tartaro e placca. Shampoo e bagnoschiuma stranamente uniti sopra il bordo della vasca, complici di bagni lunghi e riflessivi, senza andare in disaccordo. Prima il lavaggio della testa, due volte. Poi il lavaggio del corpo, prima con la spugna, poi con le mani. Che non sia mai si salti un passaggio, il bagno risulta insoddisfacente.
6. Conclusioni
Movimenti corporei di ogni tipo, il piede che sbatte sul letto prima di addormentarsi, come se quel gesto fosse al pari di un sonnifero. La mano agitata contro la fronte come farebbe uno sciamano preda di qualche droga allucinogena. I pensieri da scacciare perché non si può vivere con la paura costante di fare del male a qualcuno e di fare male qualcosa. Scosse elettriche che colpiscono i nervi quando si apparecchia la tavola, con i coltelli grandi oppositori del benessere mentale, lontano del modello cognitivo ideale. La costante sensazione di essere sbagliati. La consapevolezza di avere qualcosa che non funziona perché non si può dormire sapendo che le scarpe borgogna giacciono imperturbabili vicino quelle nere. La realizzazione e l’accettazione del problema, la tragicomica resa della mente contro una volontà generata da un essere superiore ad essa. Gli occhi si spalancano, si accende la luce in piena notte e comincia la segregazione delle sfumature di rosso nella scarpiera. Non c’è nessuna apartheid in corso nel microcosmo delle calzature. È malattia. Perché non se ne può fare a meno. In nessuna circostanza. Vedere ogni cosa al suo posto e trovare nuovi posti quando non c’è più armonia. Separazioni forzate con il fine comune del restare insieme. Dividere per poi unirsi dentro sé. Per non perdere la testa e non toccare con mano la follia.