Pubblicato in: Attualità al femminile, Eppur son femmine

La regista donna che fa film da uomini

di Beatrice Galluzzi

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Point Break e Strange Days, due pellicole che sono diventate cult: il primo parla di un agente dell’FBI (uno splendido Keanu Reeves) sotto copertura in un gruppo di surfisti che rapinano banche; il secondo è il racconto di un futuro distopico in cui mondo virtuale e reale si mescolano in modo morboso, in una  metafora anticipatrice dei nostri tempi.

Tutto frutto di una regia femminile.

Kathryn Bigelow, genio creativo per la regia e la sceneggiatura, oggi ha sessantacinque anni, ma ha iniziato la sua carriera quando ne aveva ventisette. Dopo aver frequentato studi artistici, ha seguito le avanguardie come pittrice. Poi un giorno si è imbattuta in Andy Warhol, che l’ha convinta del fatto che un film fosse “il modo più populista di fare arte – al contrario dell’arte elitaria che esclude un vasto pubblico.

Lei deve averlo preso in parola perché, dopo aver vinto una borsa di studio con un suo cortometraggio, nel 1980 ha scritto e diretto in 22 giorni il suo primo film indipendente “The Loveless“, che parla di bikers ribelli degli anni cinquanta e il cui protagonista è un giovanissimo Willem Dafoe.

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Da quel momento Kathryn non è mai rientrata nei canoni che le si volevano attribuire in quanto donna, ed è saltata egregiamente da un genere ad un altro, mantenendo il suo stile a tinte forti: Il buio si avvicina (1987) un horror alternativo; “Blue Steel – Bersaglio mortale” un thriller ad alta a tensione incentrato su una poliziotta donna; “Point Break ” e “Strange Days  (rispettivamente del 1991 e del 1995) entrambi film d’azione fuori dagli schemi; “Il Mistero dell’acqua” (2000) con Sean Penn e Elisabeth Hurley, basato sull’omonimo libro di Anita Shreve; “K-19” (2002) una pellicola indipendente con Harrison Ford e Liam Neeson, che parla di fatti realmente accaduti in un sottomarino nucleare nel 1959; e poi, nel 2010 è arrivato The Hurt Locker, che parla  di un gruppo di artificieri dell’esercito statunitense in missione in Iraq, e che ha vinto 6 premi Oscar (tra cui miglior regia e miglior film) e molteplici riconoscimenti, facendola uscire dal “retroscena” della regia, e apparire sul tappeto rosso.

Non basta, perché due anni dopo, con “Zero Dark Thirty, basato sui servizi segreti e l’uccisione di Bin Laden, è stato un vero e proprio caso mediatico, accolto favorevolmente dalla critica e dal pubblico. Un altro film che molti hanno giudicato come “troppo maschile” per essere concepito da una donna.

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Kathryn è stata l’unica regista donna a vincere un Oscar, dopo che solo tre sue colleghe in tutta la storia di Hollywood sono state nominate al premio per la miglior regia (Lina Wertmüller per Pasqualino Settebellezze, Jane Campion per Lezioni di Piano e Sofia Coppola per Lost in translation).

E in molti dicono che se lei ha vinto è solo perché fa film da uomini. Ma perché, mi domando, i film girati da noi donne debbono parlare di amori rimpianti, margherite con i petali da contare, drammi esistenziali, nevrosi da casalinghe?

Una donna –difettosa– come lei ha invece infranto i cliché, dimostrando non solo che il talento non ha sesso, ma anche che si può passare da pellicole commerciali (non pietose) a film indipendenti o di denuncia. E, nonostante il suo successo, non è rimasta indifferente al fatto che le donne nel mondo nel cinema siano penalizzate.

È proprio per questo che l’artista ha scritto una lettera all’ACLU (American Civil Liberties Union) in cui chiede un’indagine governativa sulla discriminazione delle assunzioni dei registi di Hollywood (di cui, ad oggi, solo il 9% sono donne).

Ho sempre creduto che ogni persona debba essere giudicata esclusivamente per il proprio lavoro, e non in base al sesso” dice la Bigelow “La discriminazione di genere stigmatizza tutta l’industria cinematografica. Il cambiamento è essenziale. E le assunzioni devono essere fatte in modo neutro, senza preferenze di genere.”

Scommetto che ci sono tante altre registe e sceneggiatrici di talento in giro per il mondo dietro macchine da presa che aspettano solo di essere accese.

Speriamo che possano presto dimostrare che, anche nel ruolo cinematografico, non sia per forza l’uomo a dover dirigere i giochi.

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Cusiosità

Point Break. In gergo surfistico è il luogo dove l’onda rompe progressivamente, roteando attorno ad un punto (es. una punta di roccia).

The Hurt Locker. Ha tre diversi significati. 1. Nel gergo militare americano è un luogo particolarmente rischioso in cui i risvolti sono imprevedibili. 2. Può indicare “l’essere feriti in un esplosione”. 3. L’ “hurt locker” è l’armadietto del dolore, la cassetta dove vengono messi gli oggetti dei militari morti in guerra.

Zero Dark Thirty: nel gergo militare significa mezzanotte e mezzo, ovvero l’ora in cui, il primo maggio del 2011, scattò l’operazione militare che portò all’uccisione di Bin Laden.

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