di Beatrice Galluzzi
Che cosa c’entrano queste tre donne l’una con l’altra? C’è un filo sottile che le collega, a partire dalla prima: Nannarella Anna Magnani.
Da quando sono piccola il mito di Anna Magnani aleggia in casa mia assieme a quello della Madonna del Divino Amore (ma suscita allo stesso tempo più riverenza). Anna Magnani, per prima cosa, era ognuna delle lacrime che trattenevo guardandola interpretare i ruoli di donna. Ogni sospiro rimandato indietro, quando osservavo la sua camminata stanca ma sensuale, e ogni crampo allo stomaco quando coglievo nel suo sguardo austero qualcosa di irrimediabilmente smarrito. In lei c’era una rabbia e un bisogno primordiale d’amore, che riuscivano a fondersi l’uno con l’altro.
La sua esperienza di vita ha sicuramente influito su quello sguardo: il padre di Anna la abbandonò dopo la nascita (Magnani è infatti il cognome materno) e in seguito anche la madre si allontanò da lei, lasciandola con le sue zie. Anna incappò da adulta in un destino similare, perché il padre di suo figlio lasciò anche lei, e il bambino di pochi mesi si ammalò di poliomelite, costringendola a separarsi da lui per farlo curare in Svizzera. Lei è andata avanti con fierezza, senza aver bisogno di un uomo al suo fianco, e ha trovato nel suo lavoro la sua dimensione, vincendo numerosi premi, tra cui il primo Oscar per miglior attrice (la prima attrice italiana a vincerlo).
Nella sua carriera è stata spesso accusata di avere un caratteraccio, per via del suo modo di fare istintivo, del temperamento altalenante. In realtà era solo carattere: ebbene sì, Anna Magnani era una donna che non si faceva mettere i piedi in testa, e questo non le fu perdonato. Oriana Fallaci la intervistò nel 1963 e descrivendola come una donna educata, una signora. Persino Anna sentì la necessità di ribadire durante l’intervista che “la gente si meraviglia perché la mia casa è piena di buongusto e di libri. Ma quante volte ve lo devo spiegà che non son stata raccattata per strada, che ho fatto fino alla seconda liceo, che ho studiato pianoforte otto anni, che ho frequentato l’Accademia di Santa Cecilia?” Ma no, nell’immaginario collettivo, lei era e rimane Nannarella, e Mamma Roma.
Nell’intervista con la Fallaci, Anna parla dell’amore in modo cinico, come qualcosa che passa, l’unica cosa tangibile che le interessa è suo figlio, e tutto ciò che fa è in funzione sua (se lavora troppo è perché ha bisogno di soldi per le sue cure, se lavora poco è per stare con lui). E poi Anna le dice “Il fatto è che le donne come me si attaccano solo agli uomini con una personalità superiore alla loro: ed io non ho mai trovato un uomo con una personalità capace di minimizzare la mia. Le donne come me subiscono solo gli uomini capaci di dominarle: e io non ho mai trovato nessuno che fosse capace di dominarmi.” Eccolo lì quello che avevo colto io, quello che mi commuoveva nel suo modo di fare, quello per cui mio padre la considerava una dea superiore a qualsiasi bellezza del cinema del italiano. Il suo dualismo: fragile e aggressiva, forte e allo stesso tempo bisognosa.
Ed è proprio quest’ultima frase di Anna che ho trovato sotto forma di citazione in un saggio di Zadie Smith nel libro Cambiare idea (Minimun Fax, 2010). Nella parte del libro Visioni, Note su Bellissima di Visconti (film che conosco a memoria e che tutt’ora mi emoziona), la talentuosa scrittrice britannica affronta l’argomento del controsenso della femminilità di noi italiane. Ne parla a tratti, tra le descrizioni delle inquadrature del film, prendendo come esempio da Anna che, interpretando Maddalena, incarna la femminilità ma allo stesso tempo ha un impeto mascolino, disarmante. La Smith ha osservato il nostro paese, la sua tv berlusconiana, la scarsa retribuzione delle donne, l’esigua presenza parlamentare, eppure quando vede Maddalena intuisce che c’è qualcosa che in lei che contrasta tutti questi stereotipi (e, prego notare, parliamo di una pellicola del 1951). Ne rimane incantata, e allo stesso intimidita, esattamente come me.
Ci sono attrici – e ci sono donne – che sorridono perché c’è qualcuno che le guarda come, dice la Smith, succede spesso nei film hollywoodiani. Anna rideva per sé stessa e, soprattutto, si faceva ridere da sola.
La Fallaci, alla fine della sua intervista, la saluta dicendole “io penso che lei sia un grand’uomo, signora Magnani.”
Zadie Smith chiude il saggio su Bellissima descrivendo il fascino delle sue borse sotto gli occhi, il naso aquilino e il fatto che sia maschile e femminile in parti uguali.
Io, invece, in lei non riconosco niente di mascolino, anzi, credo che dietro i suoi occhi stanchi si nasconda la vera umanità di una donna e di una madre – come ce ne sono molte altre – che non si vergogna di mostrarsi agli altri. Quindi ci tengo a chiudere questo mio intervento ricordando che proprio a lei, a Nannarella, è stato dedicato un cratere sul pianeta Venere, Venus, quale posto, nell’intera galassia, rappresenta meglio la compiutezza della femminilità?