di Alice Scuderi

Che questo fosse un anno strano, si era capito ormai.
Pandemia, lock down, distanziamento sociale, eventi climatici estremi, e ora ci si mettono anche gli svedesi, assegnando ben 2 premi Nobel, per la chimica e la fisica, a tre donne.
Sì, avete capito bene. Il gentil sesso, gli angeli del focolare, le madri, sono state anche capaci di eccellere, fino al massimo riconoscimento, in campo scientifico, un ambito che notoriamente (o qualcuno direbbe, geneticamente) è considerato prerogativa maschile.
Qualcosa sta davvero cambiando? Sebbene una rondine non faccia primavera, e il gender gap nelle professioni scientifiche e nelle posizioni di responsabilità, sia ancora enorme, l’italiana Fabiola Giannotti al CERN, il record di permanenza nello spazio di Samantha Cristoforetti per l’Italia e di Peggy Whitson per gli USA (record assoluto questo, avendo superato anche i colleghi maschi), gli ultimi premi Nobel assegnati: i segnali di un cambiamento ci sono, ma nonostante il fiume sia stato valicato, la meta è ancora lontana.
Basta poco per ripiombare in una realtà fatta di stereotipi e divisioni dure a morire.
Basta un titolo di giornale per ricordarci qual è, secondo loro, il nostro posto: “Ok, ogni tanto una passeggiatina fuori, nel mondo scientifico, potete anche farvela, ma tornate per cena, d’accordo?”
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