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Una sana forma di cecità – buona festa della mamma (difettosa)

di Alice Scuderi

All’inizio, quando diventi genitore, le difficoltà sono tutte pratiche: imparare a mettere il pannolino, capire perché frigna, seguirlo di continuo per evitare che inghiottisca qualunque cosa, allattarlo, svezzarlo, farlo dormire, e potrei andare avanti per pagine e pagine. Le giornate sono segnate da questa faticosa seppur monotona routine e tu ti ritrovi stanca e felice e il cervello lasciato a prendere ragnatele.

Poi arriva un momento, un’epifania, la consapevolezza di una verità che si affaccia inizialmente come una sensazione vaga, che ti fa pensare di essere un po’ ansioso/paranoica, ma che poi si palesa nella sua straordinaria solidità: stai crescendo un individuo, che non sei tu in miniatura e che non è come avevi progettato. Il momento in cui realizzi che dalla pancia ti è uscito un Alien e non il Piccolo Principe che avevi disegnato sulle pareti della cameretta dipinta di azzurro confetto.

È un momento ben preciso, quando metti insieme vari tasselli e viene fuori il disegno finale del puzzle, e tu ci rimani di merda perché è diverso da quello riportato sul coperchio della confezione. Ma, non avendolo preso su Amazon, il reso non è consentito…

Non è per forza una scoperta negativa, ma almeno nel mio caso, capire di avere di fronte un essere umano che ha sì metà del mio corredo cromosomico, ma la cui individualità in divenire è tanto diversa da ciò che mi aspettavo, mi ha un po’ destabilizzato. Mia figlia ha cinque anni e mezzo, e di lei so tutto e non so niente. So quanto pesava quando è nata, so qual è stata la sua prima parola, conosco il piatto che ama di più, il suo cartone preferito (che cambia costantemente), quali caramelle preferisce, di cosa ha paura, ma sempre più spesso mi ritrovo a chiedermi cosa le passi per la testa. Quando la metto nel mondo, a scuola, alle feste di compleanno, a casa degli amici, al parco, lei diventa quasi un’estranea, un oggetto misterioso che osservo con la dedizione analitica dello scienziato, ma che rimane oscuro, ignoto come un pianeta lontanissimo visto da un telescopio.

E io, devo ammetterlo, non sono bravissima a guardarci dentro. Sarà perché sono miope ed astigmatica, ma la risoluzione, quando si tratta di mia figlia, non è mai abbastanza alta. Soprattutto ora, dopo l’arrivo del fratellino e gli scombussolamenti che ha portato, mi sembra di vederla più sfuocata. Eh già, diventare madre per la seconda volta mi ha fatto un po’ perdere i contorni della mia prima figlia.

Non è un periodo facile, ma non è che non me lo aspettassi.

No, bugia, mi aspettavo un po’ più di serenità. Perché, mi dicevo da sciocca ottimista quale sono: la mia bimba in fondo ha cinque anni, è “grande”, intelligente, sicuramente prenderà bene l’arrivo del fratello…

Ora non immaginate scene drammatiche, non ci sono state regressioni apocalittiche (anche se spesso, quando guarda la tv, ha preso a succhiarsi il dito), è più una lenta ma inarrestabile reazione carsica, il suo comportamento acido che scava la roccia della mia fragilissima pazienza. E così, dopo due anni che posso definire buoni, mi ritrovo a gridare come una pazza, esasperata dai continui dispetti, dalle rispostacce, dai gesti di sberleffo quando la sgridi, da quello sguardo duro come il cemento armato quando provi a parlarle civilmente.

Dopo cinque anni, abbiamo per la prima volta dato degli sculaccioni (oddio, ora so già che chiameranno gli Avengers per farmi esiliare in una galassia lontana, quella delle madri merdose), ottenendo sarcasmo (sì, da una bambina di 5 anni) e un menefreghismo corrosivo come acido muriatico. Infatti mi è tornata la gastrite.

Gli Avengers mentre mi vedono tirare uno sculaccione

E così mi ritrovo nel girone dantesco del senso di colpa, la sensazione micidiale di non fare mai la cosa giusta, di aver sbagliato tutto.

Lei continua a sfidarmi, a sfidarci, e io mi ritrovo tentennate e dubbiosa, piena di frustrazione rabbiosa, che a volte sgorga in un urlo, altre in un pianto silenzioso nel bagno.

È una fase, passerà, mi ripetono tutti, ma una volta usciti da questo tunnel, in quale altra galleria si entrerà?

Passa più tempo con lei, mi dicono altri.  E io ci provo, con tutta me stessa, come un atleta di triathlon che affronta la corsa, dopo un’estenuante gara in bici e di nuoto. Arranco, cerco tempo quando il tempo manca, torno da lavoro e il fratellino mi salta in collo; la sera le leggo storie nel suo lettino per farla addormentare, le mattine che sono in smart la accompagno a scuola con la bici, le faccio trovare sorpresine, organizziamo gite, la sera a tavola parliamo, tv spenta e orecchie aperte per sapere della sua giornata. Ma ci sono giorni in cui sembra inutile… Va bene tutto, ma quanto andrà avanti a portare rancore per ‘sto fratello?

Instagram…

E io che mi immaginavo scene diabetiche di amore fraterno

... la realtà

Il fatto è che le aspettative sono il vero problema, quelle maledette pubblicità del Mulino Bianco e ora i social che ci anestetizzano costantemente con immagini di famiglie perfette, figli perfetti, rapporti perfetti. Irreale. E noi, madri della generazione delle pippe mentali, con il cervello sempre impostato in modalità “dubbio costante”,

non riusciamo a prendere le cose come vengono, perché troppo impegnate ad analizzare chirurgicamente ogni parola, azione, evento dei nostri figli. E così passiamo il tempo a chiederci: Che razza di madre sono? Cosa fa di una madre una buona madre?

Appunto, pippe mentali. Da cui, per la cronaca, io sono drammaticamente affetta. Una malattia che certo non mi passerà a breve, ma parlarne con voi mi fa sicuramente bene.

Devo fare pace con l’idea che mia figlia è un individuo con una sua personalità, che non tutto può andare come me lo ero programmato nella mia testa psicotica di madre, che a volte le cose si sistemano da sole, basta aspettare, l’amore può mascherarsi in tanti modi

Forse non guardo bene. Sempre per via della miopia tendo ad avvicinarmi troppo alle cose e così perdo i margini. Forse allontanandomi un po’, senza mai distogliere lo sguardo, scoprirei mia figlia e il suo meraviglioso, frastagliato, inaspettato contorno.

E alla fine, cos’è l’amore materno se non una sana forma di cecità?

Buona festa della mamma, mamme difettose.

E quando si parla di maternità, non posso non citare il favoloso ( e mia serie preferita) “Il Racconto dell’ancella”
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Figli di una madre ignota – “Mother!” di Darren Aronofsky

Quando ho deciso di vedere “Madre!” (Mother!, 2017), volevo camuffare le cicatrici di “Requiem for a dream” e cercavo l’altro Aronofsky – quello malinconico di “The wrestler o “L’albero della vita” ma con l’alleggerimento de “Il cigno nero”. Insomma, mi volevo rimettere in pace con un regista che avevo amato fin troppo nelle sue spirali di depravazione, ed essendo “Madre!” catalogato come puro horror mi sono illusa di poterlo fare.

Peccato che “Madre!” non sia affatto un film dell’orrore, ma una pellicola con tutt’altro intento, concepita per essere letta su due livelli distinti – tre, se questi due si fondono insieme. La si può vedere la prima volta con la premessa – fallace – che sia un film di paura; una seconda volta per quello che è, dopo aver letto l’intento dichiarato del regista e che vi svelerò alla fine; una terza dimenticandosi di entrambe le definizioni ma avendole ormai incamerate e quindi godendo delle performance visive e metaforiche di un cineasta che ha voluto strafare, e c’è riuscito in modo mirabolante.

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La quarantena delle madri

di Alice Scuderi

smartSiamo al giorno millemila di clausura forzata. Ormai quello che era partito come un consiglio, è diventato prima un mantra e poi un ordine perentorio, che insieme alla paura del terribile virus sta generando nuove forme di violenza da balcone (la gente che ti sputa dalla finestra se ti vede andare al cassonetto, il mirino del fucile puntato se ti avvicini alla tua auto e non hai la mascherina). Continua a leggere “La quarantena delle madri”

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Violenza ostetrica: perché ne siamo vittime inconsapevoli

di Benedetta Bernardini

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Quando si parla di violenza spesso ci si riferisce a quella fisica, ma i maltrattamenti nei confronti delle donne – che purtroppo sono innumerevoli – si celano anche dietro atteggiamenti aggressivi, gesti sgarbati e colpevolizzazioni che  passano inosservati, specialmente in ambito medico. Ecco perché oggi voglio affrontare la problematica della “violenza ostetrica“, fenomeno ancora poco conosciuto in Italia e portato alla luce solo negli ultimi anni. Continua a leggere “Violenza ostetrica: perché ne siamo vittime inconsapevoli”

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Madre vs Madre

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Imagine by Beatrice Galluzzi

di Alice Scuderi

Viviamo in tempi estremi, dove tutto è portato all’eccesso, tribune politiche e gogne mediatiche sui social, politicanti che si mettono a fare i dj nei lidi e sedicenni che vengono massacrate perché invece che occuparsi di selfie su Instagram cercano di salvare il pianeta…

E in questo marasma sguazzano anche le mamme estreme, una delle specie animali più pericolose: imbottite di ormoni, scorrazzano per le città fiere detentrici di verità assolute, ambasciatrici del “si fa così…e basta”, saldamente ancorate ai loro mondi tutti bianchi o neri non hanno paura di usare litri di candeggina su una qualsiasi, seppur lieve, sfumatura di colore.

Ne esistono di molti tipi, ma quelle che io personalmente considero tra le più rappresentative dei due poli tra cui io, madre alle prime armi, oscillo senza pace, sono due: le cosiddette “mamme pancine” e le “mamme moderne”. Continua a leggere “Madre vs Madre”

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MAMMA

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di Alice Scuderi

Mamma! Mamma! Mamma!” ripetuto più volte e con intonazioni differenti.

Aggiungiamo le braccia tese verso l’alto, i piedini che sbattono furiosi a terra: “Mamma!”. Ora sei arrabbiata, perché non sto facendo quello che vuoi tu. “Mamma!” ripeti, quasi scocciata, se potessi esserlo coscientemente. “Ma non mi senti?”.

Quanto può essere bella una parola, e fastidiosa, occludente, dolce, straziante, melodiosa, frustrante, tenera, dispettosa, appagante? Continua a leggere “MAMMA”

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La maternità non è un merito

di Elena Ciurli

Partiamo dai numeri che piacciono tanto e rassicurano: in Italia una donna su due, in età fertile, non ha figli. Lo certifica l’Istat: quelle che non sono (o non sono ancora) diventate madri tra i 18 e i 49 anni sono circa 5 milioni e mezzo, cioè quasi la metà delle donne in questa fascia d’età. I motivi sono i più vari e nonostante tutto, molto spesso siamo considerate dalla società come alimenti deperibili. Soprattutto se hai tra i 35 e i 40 anni, in molti ti sparano addosso i minuti che scorrono come fossero proiettili. Bene, ricordiamoci una cosa: la maternità non è un merito.


Io (36 anni e ancora senza figli) ho dovuto rispondere tante volte alla fatidica domanda del “come mai non sei ancora madre?!”, trattenendo in mezzo ai denti offese più o meno articolate. Di solito dico che faccio la zia: gioco con i figli delle mie amiche/sorelle (loro sono i miei amati nipotini), e quando piangono troppo tornano da mamma. Insomma mi prendo il bello dell’infanzia, senza pannolini e notti in bianco.

In tutto ciò c’è comunque da parte mia un velato senso di colpa, un sentire il dovere di giustificarmi, perché quando leggi negli occhi degli altri quella patina inquisitoria, o la butti sull’ironia, oppure sbotti e per fare davvero bene a te stessa dovresti solo rispondere con un bel vaffanculo. Per ora non è mai successo, ma sento che prima o poi la bomba esploderà con gli arretrati.

L’essere madre non ti rende più donna. La maternità deve poter essere una scelta libera e priva di condizionamenti esterni.

Perché allora spesso noi giovani donne senza figli sentiamo il bisogno di giustificarci?

Si può amare i bambini senza aver per forza dei figli, ci si può sentire realizzate e gratificate grazie a un lavoro, agli affetti, ai viaggi, oppure semplicemente si può non aver voglia di sacrificare se stesse e le proprie passioni per dare la vita ad un altro essere vivente. Nel peggiore dei casi si può essere sterili, o senza un possibile padre, o senza un lavoro o una stabilità economica che ci consenta di mantenerlo, questo bambino che mettiamo al mondo e sarà la nostra proiezione vitale fino a che non moriremo.

In ogni caso non dovrebbe esserci spazio per alcuna forma di vergogna. Una donna senza figli non è una donna a metà, non dobbiamo permettere a nessuno di fare una simile insinuazione. Le donne dovrebbero aiutarsi a vicenda e reagire, perché se un uomo a 40 anni non è padre, a nessuno viene in mente di trattarlo come uno yogurt scaduto. Rispettiamo le madri, rispettiamo le donne. La maternità non ci rende migliori, è una condizione stupenda, ma naturale. Non chiedete a una donna perché non ha figli, chiedetele se ha realizzato i suoi sogni, se si ama.

E come diceva sempre mia nonna: “chi si fa gli affari suoi campa 100 anni” (lei in effetti era una donna molto coerente ed è morta a 92 anni).

E voi cosa direte alla prossima persona che vi chiede come mai alla vostra età non avete ancora un figlio?

Scrivete a donnedifettose@gmail.com

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Ira materna

ira maternaRabbia. Quante di voi l’hanno provata nei confronti dei propri figli? Non figli adolescenti, con loro la rabbia è giustificata e socialmente accettata. Parlo di bambini piccoli, quelli che fanno facce buffe nelle pubblicità dei pannolini e strappano sorrisi anche ai più refrattari. Sì, proprio quei paciocchini teneroni.

Ecco che arriva il tabù. Posso quasi vedere l’orrore cominciare a dipingersi sul volto delle mamme incappate (forse per caso) in questa rubrica, pensando magari di trovarci qualche consiglio su come togliere le macchie di cacca dai body intimi.

Anche la rabbia macchia, ma non c’è Omino Bianco che riesca a rimuoverla. Continua a leggere “Ira materna”

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MAMME DIFETTOSE…SI DIVENTA

di Alice Scuderi

madri.jpgLo ammetto, mea culpa. Anch’io avevo fatto annunci categorici prima del grande evento. Ma, come accade spesso, le aspettative si scontrano in un frontale violentissimo con la realtà. Ebbene sì, hai di fronte la “supermamma-ecologica-faccio-tutto-da-sola” (almeno questo è il titolo onorifico che mi attribuivo fino a qualche ora prima di partorire).

Poi, come dicevo, il mondo, quello vero, è entrato dalla porta del mio bilocale e ogni proposito è andato a farsi benedire.

Sono sicura che di super mamme ce ne sono tantissime, e mi piacerebbe fare un salto anche solo per un giorno nelle loro vite per vedere come avviene la magia. Forse, ma dico forse, possono contare su un salvagente familiare anche se, per carità, loro fanno tutto da sole e guai a metterlo in dubbio. Continua a leggere “MAMME DIFETTOSE…SI DIVENTA”