di Francesca Grispello
Piove fitto. È buio
C’è una figura di spalle, ha le braccia aperte, i gomiti formano un leggero angolo.
Questa figura è quella di una femmina, che sia femmina è determinante.
Ora chiudiamo e apriamo gli occhi.
Un lampo.
Chiudiamo e apriamo gli occhi ancora una volta.
Un tuono.
Ora sì, ora che i vostri occhi si sono abituati alla penombra, ora se insistete nell’accomodare la vista tra figura e sfondo, metterete a fuoco la bacchetta nella mano sinistra e il leggio che sporge ai lati della vita. La bacchetta è a sinistra perché lei è ambidestra, anche questo è determinante.
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Leggere “Chilografia” di Domitilla Pirro (Effequ, 2018) mi ha condotto nella dimensione chimerica che ricercavo da tempo, ed è quella in cui riescono a convivere accuratezza linguistica e spontaneità letteraria.
Se cʼè una cosa che è scaturita dalla lettura di “Luce”, di Bettina Bartalesi e Gianluca Di Matola (Clown Bianco, 2018), è un incontenibile bisogno di riscatto. Luce è una ragazzina di tredici anni che, nonostante il conflitto con i suoi slanci adolescenziali, ha ben chiara una cosa: non si farà mettere i piedi in testa. Ed è questa la scintilla che illumina la scatola nera nella quale si svolgono le vicende del libro, ambientato in quello che potrebbe essere un paese qualsiasi della periferia italiana, durante gli anni di piombo. “Ero lʼobiettivo ideale per chiunque volesse sviluppare la propria sadica natura. Ero una lucertola alla quale avrebbero potuto ficcare uno spillone in gola senza che quella sbattesse minimamente la coda.”